I nostri delegati al convegno nazionale Caritas, «non c’è sofferenza al mondo che non ci riguardi»

Nel numero in edicola l'intervista a don Walter Giberti, delegato diocesano alla carità, e Bruno Timoncini, membro dell'èquipe della Caritas diocesana di Imola

“Confini: zone di contatto e non di separazione”. Dall’8 all’11 aprile si è svolto a Grado (GO) il 44° convegno nazionale delle Caritas diocesane. L’evento ha visto incontrarsi e confrontarsi per quattro giorni 613 tra direttori e membri di équipe provenienti da 182 Caritas diocesane di tutta Italia. Un luogo non casuale: la diocesi di Gorizia, infatti, ha esperienza di cosa significa stare sul confine, essendo composta da persone di cultura e lingua italiana, slovena e austriaca. Quale migliore occasione per ripensare alle chiavi di lettura della parola confine, per fornire nuove prospettive e non ripetere gli errori del passato? Ne abbiamo parlato con don Walter Giberti, delegato diocesano alla carità, e Bruno Timoncini, membro dell’èquipe della Caritas diocesana. «Lavorando sulla nozione di confine, ne abbiamo colto le varie complessità – spiegano nell’intervista che trovate nel numero de Il Nuovo Diario Messaggero in edicola -. Da una parte i confini sono essenziali per definirci e riconoscerci: se non ci fossero non sarebbe possibile né una storia né un’identità. Dall’altra non devono diventare un muro di separazione ma di contatto, uno strumento per favorire relazione e fratellanza. In tutto ciò la Caritas è la Chiesa, che ha il mandato di farsi vicina a tutti. Questo tempo ci è stato affidato da Dio per essere segno di vicinanza al prossimo. Non c’è sofferenza al mondo che non ci riguardi».
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