Il nodo al centro dell’educazione – Editoriale

La responsabilità, diceva Levinas, non è qualcosa che si sceglie, ma che si incontra. Questo aspetto cruciale, quello dell’incontro, dell’andare verso il mondo, sembra a volte sfuggire dalle pratiche e dalle riflessioni comuni sullo spazio educativo.

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Il richiamo a “regole di ferro”, a pratiche vincolanti, a forme sclerotizzate di abitudini (penso ad esempio alla media matematica dei voti, che non esiste in nessun documento normativo, ma che è consuetudine quasi impossibile da scardinare…) non corrispondono a quanto sappiamo dell’apprendimento. Non facilitano l’acquisizione del senso di responsabilità nei confronti del mondo, che è uno degli obiettivi fondamentali che dobbiamo porci. Siamo rassicurati dal nostro errore, pur avendo esempi meravigliosi a cui rifarci. 

L’incontro può essere praticato dando spazio all’imprevisto e riconoscendo l’altro nella sua soggettività: “la responsabilità è la prima realtà del sé”, scriveva Baumann. Quindi è il richiamo della responsabilità che dobbiamo realizzare: di certo questo non è possibile se inseriamo, come un muro, il divieto. Si diventa liberi se si è messi in grado di esercitare la libertà, se nell’unicità della propria esistenza (nel senso che “nessuno si può sostituire a me”), si attua una libertà nella responsabilità. Non sono principi vuoti di concretezza. Ciascuno di questi può essere realizzato nelle pratiche quotidiane di insegnamento. Bisogna però correre dei rischi, per permettere ai bambini e alle bambine di agire nel mondo. 

Soprattutto quando il mondo sembra essere già pieno di risposte. La crisi epistemologica che la presenza diffusa dell’intelligenza artificiale pone, rende ancora più urgente il favorire la libertà responsabile di saper porre delle domande. Concretamente significa rinunciare a contenuti preconfezionati e co-costruire contenuti attivando pratiche di ricerca. Difficile? Sì, se si immagina una relazione, già obsoleta ai tempi di Maria Montessori, eppure ancora sentita come unica e non sostituibile, in cui il sapere si trasferisce da uno a tanti. Si può, anzi di fatto così funziona meglio,  lavorare con i bambini e gli adolescenti, sapendo che l’educazione è interessata a come gli esseri umani esistono, compiono scelte, dicono “sì” o “no” di fronte a certe opportunità.

Electra Stamboulis
Dirigente del Polo tecnico professionale di Lugo


 

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