Nella scuola conta ciò che “passa”

Qualcuno ha detto che il “futuro si gioca in classe”. Un’affermazione ricca di indicazioni utili per una società che voglia guardare davanti a sé, alla prospettiva di una crescita civile e culturale. La scuola ha un ruolo riequilibratore delle diseguaglianze al fine di garantire a un sempre maggior numero di giovani equivalenti opportunità di base.
Oltre 8 milioni di studenti per altrettante famiglie. Circa 1 milione tra docenti e personale Ata. Una porzione piuttosto ampia del Paese reale. Non occorrono troppi giri di frase, atteggiamenti retorici o rivendicativi.
La scuola deve cominciare a esercitare il ruolo che oggettivamente le spetta.
Forse così la “questione educativa” può davvero porsi al centro del Paese.
Ne La ricreazione è finita, un libro uscito presso il Mulino nel lontano 1986, Norberto Bottani osservava che le “strategie d’innovazione” non otterranno mai risultati adeguati se non si baseranno “su ciò che accade in un’aula scolastica, fra docenti e alunni”.
Qualcuno ha detto che il “futuro si gioca in classe”.
Un’affermazione ricca di indicazioni utili per una società che voglia guardare davanti a sé, alla prospettiva di una crescita civile e culturale.
La scuola ha un ruolo riequilibratore delle diseguaglianze al fine di garantire a un sempre maggior numero di giovani equivalenti opportunità di base.
Oltre 8 milioni di studenti per altrettante famiglie. Circa 1 milione tra docenti e personale Ata. Una porzione piuttosto ampia del Paese reale.
Non occorrono troppi giri di frase, atteggiamenti retorici o rivendicativi. La scuola deve cominciare a esercitare il ruolo che oggettivamente le spetta.
Forse così la “questione educativa” può davvero porsi al centro del Paese.
Ne La ricreazione è finita, un libro uscito presso il Mulino nel lontano 1986, Norberto Bottani osservava che le “strategie d’innovazione” non otterranno mai risultati adeguati se non si baseranno “su ciò che accade in un’aula scolastica, fra docenti e alunni”.
Il nodo, ancora una volta, è in ciò che accade in un’aula tra un docente e i suoi studenti. In ciò che tra loro “passa” e “come passa”. Lì la scommessa – sempre uguale e sempre, in mille modi, diversa – dell’esperienza formativa. La filiera istituzionale deve collaborare per rendere quell’esperienza attrattiva, fondata sul benessere, non sul disagio.
Autonomia non è autosufficienza, ma responsabilità nel garantire il diritto all’apprendimento.
La scuola ha il proprio fondamento nel fattore umano. Il contesto nel quale l’autonomia scolastica è immersa è un ecosistema, non un algoritmo. Gli studenti non sono ospiti, la scuola è casa loro.
Per questo serve una didattica rinnovata, meno trasmissiva, più empatica, seria, il che non significa triste o noiosa.
Nella scuola risuona il canto della “ballata popolare” auspicata da Giancarlo Cerini, che ricordo con affetto, “una narrazione a più mani, ove anche gli ascoltatori possono diventare narratori, ove i ruoli si intrecciano e si scambiano, in una impresa corale, che viene dunque sentita come propria”.
Quindi: meno adempimenti, più attenzione alle nuove menti. Il sapere unito al saper fare, ma è necessario anche il saper essere.
Un momento educativo, nel senso autentico, è stato il dialogo del cardinale Matteo Maria Zuppi, lo scorso 5 novembre, in un teatro Stignani animato da tanti giovani incuriositi e coinvolti.
Conta ciò che “passa” e che, possibilmente, “rimane”.
A Imola qualcosa si muove.

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Marco Macciantelli, 
dirigente scolatico Istituto Alberghetti Imola


 

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