Condividiamo il testo dell’omelia per la messa nel giorno di Natale del vescovo mons. Giovanni Mosciatti.

“O Dio, che in modo mirabile ci hai creati a tua immagine, e in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti, fa’ che possiamo condividere la vita divina del tuo Figlio, che oggi ha voluto assumere la nostra natura umana”.
Come è bella e profonda la preghiera della Colletta in questo giorno di Natale. È proprio la sintesi del mistero che è accaduto questa notte e che ha cambiato la nostra esistenza. Siamo pieni di gioia, di consolazione e di pace, invitati ad attaccarci a questo Bimbo divino con tutte le nostre forze e con tutto il nostro cuore. Possiamo vivere senza cedere alle nostre paure, alla tristezza e alla disperazione se diciamo di sì a questo Figlio che ci è stato dato. Egli è l’Emmanuele, il Dio con noi, presente in mezzo a noi, e noi viviamo alla luce della Sua parola e alla gioia del Suo amore e della Sua cura. La paura, il dolore e l’angoscia scompaiono dal cuore perché Dio è con noi attraverso questo figlio!
Ma mentre ripetiamo oggi queste parole ci sono gemiti in ogni angolo della terra per via di questa terza guerra mondiale a pezzi, per via dei tanti sconvolgimenti che vediamo intorno a noi. Non è vero che Dio non agisca, che non intervenga, per salvare e custodire i suoi. La risposta di Dio a tutto il male del mondo è presente ed è fatta da questo bambino che porta la salvezza.
Ascoltiamo le parole che il patriarca Pizzaballa ha pronunciato domenica scorsa quando ha visitato l’unica parrocchia cattolica nella striscia di Gasa martoriata dalla guerra: “A Natale celebriamo la luce e ci chiediamo: dov’è questa luce? La luce è qui, in questa chiesa. L’inizio della luce è Gesù Cristo, che è la fonte della nostra vita. Se siamo una luce per il mondo, è solo grazie a Lui. […] Viviamo in un tempo pieno di tenebre, e non c’è bisogno di approfondire perché lo sapete bene. In questi momenti, dobbiamo innanzitutto guardare a Gesù, perché Lui ci dà la forza di sopportare questo periodo buio. […] Per rimanere saldi nella speranza, dobbiamo essere profondamente radicati in Gesù. Se siamo legati a Lui, possiamo guardarci l’un l’altro in modo diverso. Non so quando o come finirà questa guerra, e ogni volta che ci avviciniamo alla fine, sembra di ricominciare da capo. Ma prima o poi la guerra finirà e non dobbiamo perdere la speranza. […] Ma soprattutto non dobbiamo permettere all’odio di infiltrarsi nei nostri cuori. Se vogliamo rimanere una luce, dobbiamo mettere i nostri cuori a disposizione solo di Gesù. […] Dobbiamo preservare la nostra unità per mantenere la luce di Cristo qui a Gaza, nella nostra regione e nel mondo. Il mondo che vi guarda deve vedere a chi appartenete, se alla luce o alle tenebre? Appartenete a Gesù, che dà la sua vita, o a un altro? […] L’appartenenza a Gesù rende tutti amici, e la nostra vita diventa una vita di donazione a tutti. Non abbiate paura, perché nessuno può toglierci la luce di Cristo”.
Che testimonianza di fede ci danno i nostri fratelli di Gaza! L’incarnazione è la grazia per cui ogni uomo può diventare un altro Cristo, attraverso il Battesimo, la Cresima, la vita nello Spirito.
Il Verbo si è fatto carne, Dio ha assunto un corpo, ma il luogo dove si comunica il suo sangue, e quindi dove si estende il suo corpo, è la Chiesa. E così, di fatto, questo evento non è solo Dio che si è fatto uno di noi, ma Dio che viene anche a noi attraverso delle persone, cioè dei cristiani, che sono dei testimoni. È un rischio grande per il Signore perché si affida a uomini carnali, a gente comune. E così condividere la vita divina di quel bambino ci rende capaci di uno sguardo nuovo e di una carità infinita. Ogni volto ci chiama alla carità. Anche il volto del nemico.
Che grandezza la nascita di quel bambino: Dio ha voluto investire la vita umana ordinaria di tutti i giorni. Quel bambino per 30 anni ha vissuto la vita di un abitante del villaggio di Nazareth, la vita di un falegname, con i suoi clienti, i suoi ordini, i tetti delle case da riparare, la vita più ordinaria possibile. E questa è la grande novità del cristianesimo. La novità non è nell’eccezionale ma nella vita ordinaria. “Qualunque cosa facciate, fatela nel nome del Signore Gesù Cristo”, diceva S. Paolo. “Sia che mangiate sia che beviate”, sia sempre nel nome del Signore Gesù. Questo è possibile non perché appiccichiamo alle cose il nome di Dio. Lui stesso ha fatto ciò che noi facciamo. Egli è il Creatore di tutte le cose e tutte hanno consistenza in Lui.
E questo Bambino ci dà le ragioni della nostra speranza. Nella Bolla di indizione così ci ricorda Papa Francesco: “Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé. L’imprevedibilità del futuro, tuttavia, fa sorgere sentimenti a volte contrapposti: dalla fiducia al timore, dalla serenità allo sconforto, dalla certezza al dubbio. Incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità. Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza”.
E la radice di questa speranza è proprio nell’avvenimento che ha raggiunto il mondo duemila anni fa con la nascita tra noi del Figlio di Dio e che oggi è presenza viva ed incontrabile e permane in tutti i giorni della storia. Dice ancora papa Francesco: “Non sovverte le ingiustizie dall’alto con forza, ma dal basso con amore; non irrompe con un potere senza limiti, ma si cala nei nostri limiti; non evita le nostre fragilità, ma le assume; non ci salva premendo un bottone, ma Lui si fa vicino per cambiare la realtà dal di dentro (…) Ecco lo stupore del Natale: l’inaudita tenerezza di Dio che salva il mondo incarnandosi”. (Omelia 24 .12.2023)
Da questo amore ricevuto può sempre rinascere un’altra luce, quella della speranza, posta al centro del prossimo Giubileo, perché niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino che si è fatto compagnia umana: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? […] Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati” (Rm 8,35-37).
Così ha detto Papa Francesco all’apertura della Porta Santa ieri sera:” Questa, sorelle e fratelli, è la nostra speranza. Dio è l’Emmanuele, è Dio-con-noi. L’infinitamente grande si è fatto piccolo; la luce divina è brillata fra le tenebre del mondo; la gloria del cielo si è affacciata sulla terra. E come? Nella piccolezza di un Bambino. E se Dio viene, anche quando il nostro cuore somiglia a una povera mangiatoia, allora possiamo dire: la speranza non è morta, la speranza è viva, e avvolge la nostra vita per sempre! La speranza non delude”.

mons. Giovanni Mosciatti, vescovo Diocesi di Imola
mercoledì 25 dicembre 2024