Palazzo Tozzoni, con le sue eleganti sale barocche, conserva un fascino senza tempo. Questo sembra essersi fermato all’epoca dei conti, originari della Toscana, che lo scelsero come dimora: gli arredi e gli utensili che si vedono all’interno altro non sono che gli originali. Camminando per le stanze del palazzo viene naturale immaginare come dovesse essere, secoli prima, la vita dei suoi abitanti, fatta di banchetti, balli ed eventi mondani. Una vita fatta però non solo di luci, ma anche di ombre…
Forse non tutti conoscono la storia del conte Giorgio Barbato Tozzoni e della moglie Orsola Bandini, che vissero a palazzo nella prima metà dell’Ottocento. Una storia tormentata, a tratti macabra e inquietante, che racconta però un amore tanto intenso da sopravvivere allo scorrere del tempo. Una storia che l’imolese Sara Gallingani ha scelto di raccontare nel suo canale YouTube, dedicato a misteri ed eventi singolari del territorio e non solo, dal titolo The cabinet of Curiosities (qui il video).
Una passione per l’insolito
La passione per queste storie accompagna Sara sin da quando era piccola. «Mia nonna era solita raccontarmi di fantasmi, misteri, di eventi inspiegabili – commenta Gallingani -. Era certamente una nonna un po’ dark (ride, ndr). Poi, crescendo, ha cominciato a farsi strada in me il bisogno di indagare i misteri che avvolgono l’animo umano. Da qui la scelta di iscrivermi al corso di laurea in Antropologia dell’Università di Bologna. Poco prima della pandemia ho anche svolto il Servizio civile all’archivio diocesano di Imola. Spulciare tra vecchi documenti, fare ricerche su storie particolari, magari sconosciute ai più, mi ha sempre affascinato. E lì ero nel posto giusto». Poi la decisione, circa un anno fa, di aprire il canale YouTube The cabinet of Curiosities per diffondere curiosità e aneddoti singolari. Tra questi la storia di Giorgio Barbato Tozzoni, della moglie Orsola Bandini e della sua… bambola.

Tra le mura di palazzo Tozzoni…
«Giorgio e Orsola erano una coppia molto affiatata che, tra gli altri interessi, condivideva una grande passione per la musica – racconta Sara -. Pochi anni dopo il matrimonio Orsola rimase incinta, ma la felicità non era destinata a durare. Una sera d’inverno la coppia si recò a Bologna per un ballo. Complici la ressa nel salone e il freddo patito in carrozza durante il rientro a Imola, quella notte la contessa si sentì male e perse il bambino. Dovettero passare mesi prima che restasse nuovamente incinta. Orsola, finalmente, diede alla luce un maschio, Alessandro. Ma anche questa volta la felicità fu effimera. Il piccolo si ammalò gravemente e a soli due anni morì. La contessa piombò in una disperazione dalla quale non si riprese mai, alternando momenti di normalità a scatti di ira e nervosismo, che nessuno seppe guarire e che la condussero alla morte a soli 39 anni. Fu allora che Giorgio contattò un artigiano bolognese, chiedendogli di creare per lui un manichino che fosse tale e quale alla moglie, quindi a grandezza naturale. Il viso in gesso doveva riprodurre fedelmente i lineamenti della donna, così come le mani e i piedi. Il corpo invece doveva essere modellabile e morbido per poter indossare gli abiti della contessa ed essere sistemato in diverse posizioni. Il conte, prima che il corpo venisse sepolto, fece tagliare i capelli della moglie da cui si ricavò una parrucca per il manichino e restituì tutti gli abiti della sposa alla sua famiglia, tranne quello di seta turchese, che oggi è indossato dalla bambola insieme al corredo di scarpe, calze, guanti e scialle. Il conte trascorse tutto il resto della sua vita in compagnia del manichino, anche dopo essersi risposato e aver avuto il tanto sperato erede».
… la storia di un amore che supera il tempo
Quello di Giorgio e Orsola è un racconto insolito, certamente triste, ma che «varca i confini del tempo. Mi ha colpito molto per le sue sfaccettature antropologiche e psicologiche, oltre al fatto che la vicenda non è frutto di un film o di un giallo, ma è successa nella mia città, a pochi passi dalla casa dei miei suoceri (ride, ndr). È una storia, questa, che ci fa interrogare sulle fragilità dell’animo umano». Come l’elaborazione di un lutto… «Ognuno di noi, purtroppo, è costretto ad affrontarlo. E il modo in cui lo si elabora è assolutamente personale. Giorgio, che non riesce a superare la perdita della moglie, sceglie di mantenerla in vita con un suo fantoccio. L’aspetto macabro è inequivocabile. Ma è la stessa che spinge a provare compassione verso il conte, verso quell’amore incondizionato e disperato che l’ha accompagnato fino alla morte». Il manichino di Orsola, dopo un lungo restauro, è ancora oggi conservato in una delle stanze di palazzo Tozzoni. «Recentemente sono andata a vederlo. Non si può rimanere impassibili, sembra che la bambola possa prendere vita da un momento all’altro. Osservarla mette tristezza, ma chi conosce la storia sa che è il simbolo di un amore che supera il tempo».
© Riproduzione riservata