Un anno fa era a 1.000 dollari, a metà dicembre era volato a quasi 20.000, poi è crollato a poco più di 6.000 e adesso si attesta a circa 8.130. Il valore del bitcoin, la più popolare criptovaluta al mondo, è un continuo sali e scendi che mette a dura prova le coronarie degli investitori: già in passato ci sono stati rialzi improvvisi e sonore ricadute che avevano fatto pensare alla sua fine imminente. Eppure da diverse settimane si è tornati a parlarne moltissimo e gli utenti sono in costante crescita. La materia non è semplice da trattare e anche tra gli esperti ci sono due opposte fazioni: c’è chi li ha già definiti una gigantesca bolla finanziaria che finirà in tragedia e chi invece sottolinea le grandi potenzialità del sistema. Ciò che è incontestabile è che le criptovalute risolvono un gran numero di problemi che si hanno normalmente nelle transazioni economiche online. La differenza principale con le normali valute, che è poi il motivo per cui questa tecnologia suscita un tale interesse, è l’assenza di un’autorità centrale. Nella blockchain (una sorta di registro contabile) sono registrate tutte le transazioni di tutti gli utenti di sempre, da quando sono nati i bitcoin. È la blockchain stessa a rimuovere dal conto dell’utente che spende la giusta quantità di denaro, e ad assicurarsi che non possa spendere più soldi di quanti ne possiede. Il meccanismo ideato da Nakamoto ha infatti eliminato tutte le parti terze che fino ad oggi erano necessariamente coinvolte nelle transazioni: niente commissioni a Visa, Mastercard, eccetera, e rischi ridotti al minimo che questi enti subiscano attacchi informatici volti a sottrarre numeri e codici di carte di credito. Dunque un sistema che si regge su se stesso, senza banche, organizzazioni o società che gestiscano i flussi e il valore della valuta. Una caratteristica peculiare del sistema Bitcoin è che il numero totale delle unità prodotte è prestabilito: ne verranno emesse fino ad avvicinarsi alla quantità totale di 21 milioni, presumibilmente nel 2030. Il pericolo d’inflazione – cioè della sua perdita di valore – legato all’immissione di nuova liquidità è quindi minimo, poiché non è previsto che possano essere effettuate nuove iniezioni di denaro da un ente come una Banca centrale, che del resto nel sistema non esiste. Anzi, man mano che si avvicinerà quella data, se continuerà ad aumentare la richiesta, il valore crescerà ulteriormente per via della sempre minore disponibilità di valuta. A fronte del numero di utenti in continua crescita e di una possibile plusvalenza negli anni che verranno, molte aziende del territorio si sono affacciate alla finestra per studiare il fenomeno e restare al passo con le richieste del mercato. La società imolese Imola Informatica lavora su blockchain e criptovalute da oltre quattro anni e ha costituito un team specializzato composto da una decina di persone, per studiare tutte le possibili applicazioni di queste tecnologie ed assistere le aziende che vogliono abilitarsi alle transazioni in criptovaluta. A spiegarcelo è il presidente Claudio Bergamini (in foto): “Lavoriamo soprattutto in ambito finanza. Le banche ci chiedono studi di fattibilità, ma anche soluzioni concrete per integrare i propri database con quelli di realtà ad esse parallele – ad esempio le assicurazioni – per gestire i prodotti venduti, oppure per gestire le informazioni riservate dei clienti. Ma gli utilizzi non si limitano a questo campo. Per esempio con l’azienda Eco-Recuperi di Solarolo abbiamo realizzato un’app che attraverso la tecnologia blockchain consente di tracciare tutta la storia di un prodotto riciclato: al cliente basta prendere in mano il cellulare per sapere quando quel dispositivo è stato costruito, a chi è stato venduto, quando è stato riciclato e poi rivenduto”. Fuori dai settori informatico e finanziario però va detto che le imprese che utilizzano concretamente questi mezzi sono ancora poche. I bitcoin rimangono un investimento rischioso, perché il loro valore è da sempre volatile. Gli istituti di credito si sono mossi per primi perché hanno colto la grande minaccia che queste transazioni “decentrate” rappresentano per loro. “Le banche sono già cambiate tanto negli ultimi 10 anni – afferma Bergamini – e in quelli che verranno saranno chiamate a rivedere ulteriormente il proprio ruolo. L’evoluzione tecnologica è turbolenta, ma non implica la scomparsa di alcun settore. Si tratta di coniugare le nuove tecnologie con il proprio modo di fare impresa”. Soltanto il tempo dirà se hanno ragione gli scettici o i sostenitori delle criptovalute. Certo è che queste monete digitali sono già entrate nella vita di molte persone.
Quando nel portafogli entrano i bitcoin

Le criptovalute sono sempre più utilizzate per acquisti e transazioni tra imprese. Anche nel nostro territorio c'è chi le usa e chi lavora a "preparare il terreno". Cerchiamo di capire qualcosa in più delle potenzialità (immense) e dei rischi (minimi ma da scoprire) delle nuove monete digitali.