14, Luglio, 2025

Passaparola, internet e fiuto da segugio. Così si scovano le storie di chi è partito

Gli imolians… occorre risalire al 2006 per ripercorrere dall’inizio la storia della rubrica, nata un po’ per caso, dopo che avevo contattato negli Usa Benedetta Scardovi, che conoscevo fin da bambina, per sentire come si trovava nella Grande Mela. L’idea inizialmente era di cercare altri tre o quattro imolesi all’estero per proporre le loro storie nell’arco di un mese. Il collega Stefano Salomoni coniò il termine ’Imolians’ rifacendosi alla rubrica ’Italians’ di Beppe Severgnini sul Corriere della sera e poi… ci siamo lasciati prendere la mano, tanto che siamo tuttora qui, sempre alla ricerca di concittadini che hanno lasciato Imola per le ragioni più svariate: spirito di avventura, ricerca di un lavoro più soddisfacente di quello che la Patria proponeva, stipendi migliori, voglia di evadere e di cambiar vita, ma anche l’aver trovato l’amore in un Paese più o meno lontano. Senza dimenticare i classici ‘cervelli in fuga’ che all’estero hanno trovato situazioni lavorative più stimolanti che in Italia. Abbiamo raccontato le storie di persone che hanno lasciato Imola molti anni fa senza fare ritorno se non per le vacanze, ma anche quelle di giovani che si sono spostati anche solo per il classico anno di Erasmus. Come si svolge la ricerca degli imolesi all’estero? Inizialmente oltre ad un po’ di aiuto con il passaparola tra amici e conoscenti mi sono avvalsa di internet. Ho passato svariate notti, quando di giorno non ne trovavo il tempo, a scrivere a consolati, a giornali stranieri che avessero rubriche per gli italiani, a radio (soprattutto in sud America) che propongono in determinati orari trasmissioni per gli italiani, alle associazioni di italiani all’estero. Qualche segnalazione è arrivata anche tramite questi canali, situazione non sempre così scontate perché mi imbattevo nel problema ‘privacy’ che rendeva le persone restie a fornire nominativi. Una buona fonte di informazione sono stati alcuni insegnanti imolesi, al corrente del trasferimento di loro ex allievi, la titolare della libreria edicola Giuliana, dove gli imolesi all’estero spesso si recano alla ricerca di giornali stranieri quando sono a Imola, don Marco Renzi che, ad ogni ‘giro’ di benedizioni nelle famiglie della sua parrocchia riesce a scovarmi qualche parrocchiano trasferito. E tanti altri… mi fermo qui perché rischierei di dimenticare qualcuno. Mi è stata d’aiuto una trasmissione di Canale 11 in cui la collega Alessandra Giovannini mi chiamò a raccontare degli imolians: qualche telespettatore subito dopo mi contattò per darmi nuove indicazioni. A volte sono gli imolians stessi che mi propongono altri imolesi che hanno «incrociato» nel Paese in cui si trovano. Poi è arrivato Facebook, dove ogni tanto scopro un commento da cui si evince che chi scrive non si trova a Imola. E così parte il messaggio privato di richiesta. Molto utile anche l’orecchio attento quando sento qualcuno parlare di un parente o un amico all’estero. Le risposte? Direi che fino ad oggi sono state una decina quelle negative, di chi non vuole raccontare la sua storia a un giornale. In un paio di casi, dopo un categorico «no», a distanza di mesi o di anni l’imolian di turno si è fatto vivo con un «Perché poi no? Eccomi qua», motivo per cui non perdo le speranze, altri no potrebbero diventare dei sì. I tempi? Qualche volta le risposte alle mie domande sono arrivate… a stretto giro di mail, altre volte tardano mesi, c’è chi tarda anche un anno o più. Alcuni scelgono il botta e risposta alle mie domande, e allora la storia la creo io, c’è chi preferisce scrivere un suo pezzo, chi aspetta di essere a Imola in vacanza per incontrarmi di persona e raccontarmi a voce la sua esperienza. C’è chi è telegrafico, e allora partono le mie mail con richiesta di ulteriori precisazioni per poter completare il pezzo, chi si lascia un po’ andare e allora, anche se mi spiace, devo lavorare di forbici per rientrare negli spazi previsti. Con alcune persone l’intervista è avvenuta via Skype, magari ad orari improbabili per me, quando la differenza di fuso è notevole. Ho organizzato qualche incontro tra imolians a Imola durante le vacanze estive o natalizie, ma non sempre è facile trovare un momento comune a più persone: chi rientra per pochi giorni ha sempre mille cose da fare e tante persone da vedere, ma alcuni di loro hanno avuto in questi anni modo di conoscersi. Per un certo periodo Radio Emilia Romagna nella sua trasmissione “Lo sguardo altrove, storie di emigrazione” ha letto le nostre storie e qualche anno fa la rivista ER, il trimestrale della Regione Emilia-Romagna diffuso all’estero in 15mila copie, concordandolo testi e scelte di personaggi con la sottoscritta, ha dedicato agli imolians un certo numero di pagine. In questi anni sono incappata anche in storie buffe o particolari che, sempre per via della privacy, sono tenuta a non raccontare esplicitamente. Posso accennare a due persone che avevano a Imola un legame da giovanissimi, poi le loro strade si sono divise, lui è partito per un Paese lontano e non si sono più sentiti fino a quando, più o meno 30 anni dopo, lei ha letto di lui sul Nuovo Dario e… le loro storie si sono di nuovo unite… Grazie alle esperienze all’estero pubblicate sul sito del Nuovo Diario più di una volta sono stata a volte contattata anche da altre zone d’Italia da persone che hanno riconosciuto nell’imolian di turno un ex commilitone, una persona conosciuta anni e anni prima in vacanza, un parente di cui non avevano più avuto notizie, e mi hanno chiesto di metterli in contatto con loro: legami e amicizie che si sono riallacciate dopo che per decenni uno non sapeva più nulla dell’altro. Coincidenza fortuita la mia casuale presenza a un battesimo nella chiesa di Valverde: mi resi conto che i presenti parlavano tutti inglese, ho indagato e scoperto che la nonna del battezzando abita da decenni negli Usa, aveva lasciato Imola dopo l’incontro con un militare americano, che ha poi sposato, e aveva scelto di venire a Imola con tutta la famiglia perché desiderava che il nipotino venisse battezzato dove lei stessa tanti anni prima aveva ricevuto il battesimo. Tra le domande che pongo agli imolians c’è la classica: «Cosa ti manca di più dell’Italia?». Direi che le priorità sono gli amici e gli affetti, il ragù della nonna, la piadina e… il bidè!

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