21, Luglio, 2025

La fotografia è sempre un linguaggio universale – Pietro Veronesi

La prima volta che ho preso in mano una fotocamera è stato per pura curiosità. Non avevo mai provato davvero a fotografare, se non da bambino, con qualche macchina analogica trovata in casa. Sono della Generazione Z, quella cresciuta con lo smartphone in tasca e la fotocamera sempre a portata di clic. Eppure, paradossalmente, non mi ero mai interessato alla fotografia, almeno fino a quando non ho scoperto il rullino. La mia passione è nata da un bisogno materiale: prima ancora di appassionarmi allo scatto, sono rimasto affascinato dalle stampe. Dai ricordi di famiglia archiviati negli scatoloni in cantina. Poi è arrivato l’interesse per il mezzo fotografico in sé.

Così come la fotografia stampata, anche la lettura del giornale è un’abitudine che la mia generazione ha ereditato solo di riflesso, come qualcosa che apparteneva ai nostri genitori e ai nostri nonni.
Lo smartphone ci ha resi immediati, veloci, costantemente connessi. Ha reso superfluo, per molti di noi, il gesto di sfogliare le pagine di un quotidiano.

Sì è un tema trito e ritrito lo so, ma questo inciso mi serve per spiegare meglio un punto: noi, nati nell’epoca dei social, non ci siamo mai davvero avvicinati al mondo dell’informazione in modo consapevole. L’informazione, piuttosto, ci ha travolto: notizie da ogni parte del mondo, notifiche continue, aggiornamenti in tempo reale. Il modo di raccontare i fatti è cambiato profondamente. Gli articoli sono più brevi, meno approfonditi e pensati per catturare l’attenzione. Titoli sensazionalistici, testi asciutti, e sempre più spazio alle immagini. Proprio la fotografia continua a essere una costante dell’informazione odierna. Oggi una notizia può essere raccontata anche solo da una foto, una grafica ben fatta, un caption su Instagram o Facebook. Siamo passati da un immagine a corredo di un articolo su carta stampata a vere e proprie gallerie fotografiche per ogni singolo pezzo. E poi ci sono i video, i reel, i TikTok. Nuove forme, nuovi linguaggi, nuovi strumenti che se usati con intelligenza, artificiale e naturale, possono davvero diventare un ponte tra l’informazione e le nuove generazioni.

Quello che voglio dire è che ovviamente il mondo si sta evolvendo, i mezzi di comunicazione cambiano e la vera sfida è non farsi sopraffare da essi.

Bisogna utilizzare il social per alimentare la nostra conoscenza, non utilizzare le nostre conoscenze per alimentare un algoritmo.

Il mio lavoro di fotografo, ma anche di videomaker (videografo) e montatore video, serve proprio a far immergere tutti nelle notizie che diamo, dal lettore più attento al follower più attivo, cercando di parlare a tutte le generazioni.

Il bello della fotografia è proprio questo, che è un linguaggio universale.


© Riproduzione riservata

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