Il dibattito sulla lettera scritta e affissa nei giorni scorsi da una studentessa del liceo di Lugo si amplia. Dopo la risposta del dirigente scolastico Frassineti, un’altra studentessa ha voluto affidare al nostro settimanale alcune sue considerazioni.
A questa lettera inviataci, ha risposto il direttore de Il Nuovo Diario Messaggero, Andrea Ferri. Di seguito trovate la lettera e la risposta.
Trovo sconfortante, e per certi versi anche frustrante, pensare che, per riuscire a studiare intere pagine di contenuti o, nel caso degli insegnanti, per spiegare nozioni in sequenza serrata, dobbiamo annullarci come persone. Tutto questo per stare dietro a un programma imposto da chi, con ogni probabilità, non ha la minima idea di come funzioni davvero la scuola oggi, oppure ne ha una visione completamente distorta.
Negli anni, la scuola si è trasformata in una sorta di fabbrica di nozioni: si accumulano informazioni spesso spiegate in modo frettoloso, senza lasciare spazio alla riflessione o alla comprensione profonda. Ma questa trasformazione non è certo responsabilità diretta dei nostri insegnanti.
Ci è forse sfuggito che il conflitto latente tra studenti e professori, una sorta di gara su chi svolge peggio il proprio ruolo, nasce da una carenza di empatia reciproca. Gli studenti giudicano facilmente il lavoro dei docenti, senza soffermarsi sulla complessità di ciò che fanno, dimenticando che sono persone, non macchine, con pensieri, emozioni, pressioni e difficoltà. Allo stesso tempo, molti insegnanti non si rendono conto che le loro stesse pressioni, l’ansia di rimanere al passo con i tempi, di non “restare indietro”, finiscono per pesare anche su di noi, sulle nostre menti, sulle nostre anime.
La frustrazione di un professore che non viene ascoltato o non vede i risultati sperati è analoga al senso di inadeguatezza di uno studente il cui impegno non viene riconosciuto. Entrambi sono vittime di un contesto scolastico privo di reale intelligenza emotiva.
Per intelligenza emotiva si intende la capacità di riconoscere le proprie emozioni, comprenderle, regolarle e, soprattutto, entrare in relazione empatica con quelle degli altri.
In un ambiente educativo, ciò significa saper ascoltare attivamente, accogliere la fatica altrui senza giudicare, e creare uno spazio in cui sentirsi visti, valorizzati, umanamente accolti.
Non siamo gentili o comprensivi l’uno con l’altro perché percepiamo che l’altro non lo è con noi. Così, entriamo in una spirale di chiusura e sfiducia: se mi sento non compreso, smetterò anche io di provare a comprendere. Ma se questo atteggiamento continua a dominare, il circolo vizioso non potrà mai spezzarsi. Solo un cambiamento nel modo in cui ci relazioniamo può interrompere questa dinamica: serve più ascolto, più pazienza, più umanità. Perché la scuola non è solo un luogo di nozioni, ma un luogo di persone.
E le persone imparano davvero solo quando si sentono accolte.
Giulia Zaniboni 5CS
La risposta del direttore Andrea Ferri
Cara Giulia,
ho letto con attenzione la tua lettera, che mi pare contenga affermazioni equilibrate e ponderate, utili a un dialogo sereno e costruttivo. Formulo in proposito tre brevi considerazioni:
- Non c’è dubbio che uno studente riesce a dare il meglio di sé quando coglie nei suoi docenti l’attenzione alla sua persona; sentirsi accolto è il presupposto ineludibile per accogliere. La competenza approfondita in una specifica disciplina è condizione necessaria, ma non sufficiente per insegnare con frutto.
- Ineludibili sono anche lo sforzo, la fatica e la sfida dell’insegnare e dell’apprendere. Ogni atleta fatica durante gli allenamenti e le gare, ma poiché gli è chiaro che la fatica è un mezzo per raggiungere il traguardo e non un gravame fine a se stesso, non solo la accetta, ma la cerca e ne trae giovamento.
- Io non sono un insegnante né tantomeno (per ovvie ragioni anagrafiche) uno studente del liceo di Lugo; sarebbe quindi presuntuoso da parte mia formulare giudizi generali sulla situazione. Ciò che posso offrire è l’esperienza di un rapporto poliennale con numerosi studenti e docenti del liceo Ricci Curbastro, nonché del suo dirigente, legati ai progetti in essere tra la nostra testata e la scuola. E posso testimoniare la dedizione, competenza e passione educativa di tutti quei docenti, nonché l’intelligenza (in senso etimologico) e desiderio di apprendere di quegli studenti. E poiché l’albero si riconosce dai frutti che dà, un simile risultato qualitativo degli studenti, così mediamente elevato e diffuso, non può che sorreggersi sull’azione educativa di un corpo docente di elevata qualità. Eventuali eccezioni non fanno che confermare la regola, sia per gli uni che per gli altri.
Andrea Ferri,
direttore de Il Nuovo Diario Messaggero
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