21, Luglio, 2025

Il mondo ha bisogno della luce di Cristo – Mons. Giovanni Mosciatti

Ripensando agli avvenimenti che tutti noi abbiamo vissuto in questi giorni nella vita della Chiesa fa impressione osservare che quelle che potrebbero essere solo coincidenze sono in realtà dei segni ben chiari, richiamo grande alla nostra vita.

Papa Francesco ha salutato tutto il mondo esattamente il giorno di Pasqua annunciando con un filo di voce l’avvenimento più grande della storia: la risurrezione di Cristo e la Sua presenza viva qui ed ora. Davvero in lui è accaduto ciò che la liturgia ci fa cantare il giorno di Pasqua: «Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa». E poi tutti abbiamo atteso, tutti abbiamo pregato e atteso nei giorni scorsi.

E infine l’impressionante e commovente correre della gente in piazza San Pietro in occasione delle fumate, e poi l’annuncio nel giorno della festa della Madonna di Pompei, la Madonna del Rosario, della preghiera che tutto ottiene. E l’8 maggio è anche l’anniversario della fine effettiva della seconda guerra mondiale e papa Leone XIV affacciandosi per la prima volta dal balcone di San Pietro ha proclamato: «La pace sia con tutti voi!». Con queste parole, le prime del Risorto ai discepoli, le stesse scelte da lui, papa Leone XIV ha inaugurato non solo un pontificato, ma una nuova stagione nella vita della Chiesa. Una stagione che si annuncia fin da ora come l’incontro fecondo tra la tenerezza pastorale di Francesco e la profondità dottrinale di Benedetto XVI. Lui, missionario in America Latina, teologo canonista, uomo di frontiera e uomo di regola, Robert Francis Prevost ha scelto un nome che ha dentro una storia. Lui stesso lo ha spiegato ai cardinali riuniti: «Diverse sono le ragioni, però principalmente perché il papa Leone XIII, con la storica enciclica Rerum novarum, affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale; e oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro».

Nel suo primo discorso dalla loggia delle benedizioni, le sue parole sono state semplici, ma essenziali: «Il mondo ha bisogno della luce di Cristo. L’umanità necessita di Lui come il ponte per essere raggiunta da Dio e dal suo amore. Aiutateci anche voi a costruire i ponti, con il dialogo, con l’incontro… unendo per essere un solo popolo, sempre in pace». “Ponte” è la parola chiave, come ciò che unisce rive diverse mantenendole integre. E sarà il suo compito. Non per nulla è nel suo stesso nome la vocazione: pontefice.

Una delle grandi rive da riunire sarà quella tra Roma e l’Oriente cristiano. Il prossimo 23 maggio 2025 la Chiesa celebrerà i 1700 anni dal Concilio di Nicea (325), il primo concilio ecumenico riconosciuto da tutte le Chiese, il luogo della fede comune prima della frattura del 1054. Leone XIV potrebbe ripartire proprio da lì: dal simbolo che unisce, dal dogma che non divide. Un’unità che non è uniformità, ma verità condivisa.

Il nuovo papa non rinnegherà le aperture pastorali di Francesco, soprattutto verso i migranti, i poveri, le famiglie ferite, le periferie esistenziali, egli si sente davvero in continuità. Ma cercherà di offrire forse una cornice più definita, più stabile, più chiara. Così si è espresso parlando ai cardinali: «Vorrei che insieme, oggi, rinnovassimo la nostra piena adesione, in tale cammino, alla via che ormai da decenni la Chiesa universale sta percorrendo sulla scia del Concilio Vaticano II. Papa Francesco ne ha richiamato e attualizzato magistralmente i contenuti nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, di cui voglio sottolineare alcune istanze fondamentali: il ritorno al primato di Cristo nell’annuncio; la conversione missionaria di tutta la comunità cristiana; la crescita nella collegialità e nella sinodalità; l’attenzione al sensus fidei, specialmente nelle sue forme più proprie e inclusive, come la pietà popolare; la cura amorevole degli ultimi, e degli scartati; il dialogo coraggioso e fiducioso con il mondo contemporaneo nelle sue varie componenti e realtà».

A partire da Cristo. A partire dalla pace.

Mons. Giovanni Mosciatti, vescovo di Imola


© RIPRODUZIONE RISERVATA

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