Ad aprile per diversi numeri del giornale abbiamo dedicato varie pagine a due personaggi noti in diocesi. Da un lato don Lindo Contoli, tornato al Padre l’8 aprile, che ha trascorso gran parte della sua vita a San Lorenzo in Piscerano. Dall’altro Angelo Visani, salito al Cielo l’11 aprile, storico presidente dell’Azione Cattolica diocesana.
In questi, come in altri casi, è sempre incredibile vedere l’enorme quantità di testimonianze che giungono in redazione. E ancora più incredibile è notare che, pur riferendosi allo stesso soggetto, gli aspetti messi in evidenza sono sempre differenti. Che sia un’esperienza vissuta insieme, una parola, un consiglio, a volte semplicemente uno sguardo o un gesto… non c’è quasi mai ripetitività nei contenuti. Senza che nessuno autore si sia messo d’accordo con gli altri, è davvero difficile trovare due testi uguali.
Non credo sia un caso.
Tante volte ho letto (e detto): «La tal persona per me è stata un padre». Non appena «come un padre», ma proprio «un padre»! Certo, io ho un padre, con un nome e un cognome, così come sono padre di un figlio con un nome e un cognome. Ma se per un istante rifletto con serietà sulla mia vita, posso identificare per ogni momento una figura di fronte alla quale esclamare senza esitazione: «Tu per me sei stato padre». Da un lato è una grande fortuna, dall’altra mi chiedo: come si esercita questa paternità? Chiunque può esserlo? Ma soprattutto: cosa scatena nel figlio?
Nella vita accade di incontrare persone che, per come vivono, esercitano un fascino. Soggetti che favoriscono una strana corrispondenza alle esigenze del cuore. Non sempre capita di riconoscerne l’eccezionalità nel momento in cui si è loro davanti. Anche perché a volte il sigillo che lasciano impresso passa da un rimprovero non compreso, da una potatura violenta e apparentemente ingiusta, o perfino da uno scontro che pare irrimediabile. Perché il padre non è uno che ti asseconda in tutto ciò che fai.
Se penso alla grande azione paterna nella mia gioventù, solo oggi mi vengono in mente lo sguardo di alcune insegnanti, le parole di qualche professore delle medie, gli occhi e i gesti di alcuni sacerdoti ed educatori incontrati durante l’adolescenza. Al tempo non li percepivo certo “padri”. E poi le sfide del lavoro, del matrimonio e della genitorialità ti spingono alla ricerca di altre figure paterne in grado di aiutarti nei criteri che muovono le scelte importanti della vita. E infine si arriva al paradosso per cui, a 30 anni, ti riappropri con una coscienza del tutto nuova della paternità più eclatante, quella che è stata sotto i tuoi occhi per tutta la vita ma hai sempre dato per scontato: quella di tuo padre e di tua madre che ti hanno dato alla luce e ti hanno cresciuto.
Ora, questa miriade di soggetti totalmente diversi l’uno dall’altro non ha mai incarnato la perfezione, non mi ha mai insegnato una ricetta per essere buoni, giusti e onesti. La bontà, la giustizia e l’onesta semmai sono una conseguenza. Hanno un solo aspetto comune, che riesco a sintetizzare così: ciascuno, a modo suo, ha esaltato il mio “io”, ovvero la mia libertà, la mia coscienza, la mia responsabilità di fronte al mondo e alle persone. Esaltato nel senso di generato, favorito, fatto scaturire. Ex altus, cioè portare a un livello superiore (ma altus significa anche “profondo”, veniva infatti spesso associato al mare), ci insegna il latino.
Però, se ci penso bene, tutte queste persone hanno un’altra caratteristica comune. Prima di essere stati padri per me, sono stati figli. Credo sia l’aspetto decisivo. Esiste un libro che esplora la figura del padre in Omero, Dante e Tolkien, si chiama Nessuno genera se non è generato. Titolo complesso, ma quanto vero. Forse davvero non si può essere padri se prima non si è figli. E cosa fa il figlio? Segue. Anche quando non è tutto chiaro. Per questo mi fa sempre molta paura chi, in un lampo, cancella il passato o fa finta che la storia non esista. La figliolanza ha in sé una dimensione storica. In tal senso la genetica non mente: un figlio eredita i suoi tratti dai genitori.
In tempo di conclave un ultimo paragrafo me lo concedo, perché nei giorni che hanno seguito la morte del papa è stato scritto e detto di tutto. Francesco, con i limiti propri di ogni uomo, nel suo pontificato è stato un padre. Come lo sono stati altri pontefici nella storia. Sorrido alle definizioni di progressista o conservatore, papa di destra o di sinistra. Chi vorrei che si affacciasse da quel balcone dopo la fumata bianca? Un peccatore in grado di incarnare questa paternità, l’unico vero sguardo che può salvare gli uomini e le donne del nostro tempo. Un papa padre, perché figlio di un Padre.
Credo che don Lindo e Angelo sarebbero d’accordo con me.
Davide Santandrea
© Riproduzione riservata