Il silenzio dei passi, l’inverno che imbianca la città, le strade, i vicoli, gli angoli più nascosti. Ma anche nature morte, oggetti del mondo rurale, e paesaggi imolesi raccontati con delicatezza. Il fascino delle piccole cose: è qui che si racchiude l’anima della pittura di Luciano Morara, artista imolese scomparso il 21 aprile scorso. Un animo gentile, sensibile, attento ai dettagli. Tutte caratteristiche che riversava interamente nei suoi dipinti. Una storia interamente incentrata nella «sua Imola – racconta la moglie Anna Maria -. Amava questa città, la dipingeva continuamente: vicoli, strade, persone ferme nel tempo e tantissimi dipinti della rocca, in ogni stagione».
Nato a Imola il 28 aprile 1940, la sua vena artistica emerge presto, già durante le scuole dell’obbligo: cresciuto nella frazione di Pontesanto inizia a ritrarre campagna e paesaggi già da bambino. La svolta arriva nel 1972, quando, durante una passeggiata nel centro di Imola, Morara, all’epoca 32 enne, incontra il pittore Walter Dall’Oppio, intento a dipingere en plein air vicolo Laderchi. Quell’incontro riaccende la sua passione: si avvicina di nuovo al disegno e, guidato dai consigli del suo mentore sull’uso del colore, ricomincia a dipingere.
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