Condanne per complessivi 98 anni, a fronte degli oltre 110 chiesti dal pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia di Bologna Marco Forte, nel troncone romagnolo del processo Radici che si è concluso questo pomeriggio al Tribunale di Ravenna, e che vedeva imputate 24 persone accusate a vario titolo dei reati di associazione a delinquere, autoriciclaggio, bancarotta, estorsione ed intestazione fittizia, in alcuni casi con l’aggravante di aver agito con metodi di ‘ndrangheta e/o con l’obiettivo di agevolarla.
Concentrando l’attenzione sui soli imputati che si legano al fallimento del Forno Imolese srl, nella zona industriale di Imola, di cui il tribunale di Ravenna ha dichiarato il fallimento il 21 novembre 2021, il collegio penale presieduto dal giudice Cecilia Calandra ha condannato in primo grado Saverio Serra a 13 anni e 3 mesi di reclusione e 12.050 euro di multa (chiesti 15 anni e 11 mesi), Antonino Carnovale a 5 anni e 11 mesi (chiesti 7 anni e 8 mesi), Patrizia Russo a 3 anni e 3.000 euro di multa (chiesti 4 anni e 3 mesi), Pietro Piperno a 2 anni e 4 mesi (chiesti 2 anni e 6 mesi) ed Eleonora Piperno a 2 anni, come da richiesta del Pm, però con sospensione condizionale della pena per quest’ultima.
Anche per Carnovale e Serra, come già per i Piperno, è caduta l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, in quanto non sono emersi elementi sufficienti al di fuori delle dichiarazioni rilasciate dai collaboratori di giustizia.
Bisogna ricordare che il 12 ottobre 2023 Giuseppe Vivona ha presentato richiesta di ammissione al rito abbreviato e una settimana dopo è stato condannato in primo grado per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e bancarotta fraudolenta documentale (assolto, invece, per associazione a delinquere ed autoriciclaggio) a 4 anni di reclusione.
Inoltre, i risarcimenti danni ammontano a 250.000 euro per il Forno imolese, nella persona della curatrice fallimentare, e a 10.000 euro per il Comune di Imola, che si era costituito parte civile assieme al presidio Giudice Alberto Giacomelli di Imola e circondario dell’associazione Libera.
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