Tra via Nardozzi, via Cavour e viale Carducci, a pochi passi da Santa Caterina, rivive il ricordo di don Dino Favaretto, indimenticato e indimenticabile direttore dell’Istituto dal 1968 al 1999. Oggi, 14 dicembre, si è tenuta la cerimonia di intitolazione della rotatoria al sacerdote, scomparso nel 2003.
Per l’occasione erano presenti il sindaco Marco Panieri, il vescovo della Diocesi di Imola monsignor Giovanni Mosciatti, le autorità cittadine e tante persone legate a don Dino, che non hanno dimenticato la sua opera caritatevole. «Dare il nome di don Dino Favaretto a uno spazio pubblico vicino all’Istituto Santa Caterina, dove lui ha accolto ed educato centinaia di ragazzi, – commenta Renzo Bussi, ex presidente dell’Istituto – significa riconoscere quanto ha fatto per questa città».
Don Dino Favaretto, veneto di origine, sin da piccolo manifesta la volontà di diventare sacerdote. Decisivo è l’incontro con don Giulio Minardi, storico direttore dell’Istituto, che incoraggia il giovane Dino a compiere gli ultimi passi verso il sacerdozio. Nel 1956 viene consacrato sacerdote nella cattedrale di Imola e il giorno successivo celebra la sua prima messa nella chiesa del Carmine. Don Dino Favaretto ha dedicato tutta la sua vita al prossimo, con un occhio di riguardo verso i più giovani per i quali è stato un grande educatore. Soprattutto durante gli oltre 30 anni trascorsi come direttore dell’Istituto Santa Caterina. Lì ha condotto una preziosa opera di accoglienza, aiutando diverse generazioni di bambini e ragazzi. È stato anche insegnante di religione dapprima alle scuole medie Valsalva dal 1965 e poi al liceo scientifico Valeriani dai primi anni ‘70. «Molto prima che papa Francesco lo indicasse come obiettivo da ricercare don Dino è stato un costruttore di ponti tra persone e comunità – riprende Bussi -. Innanzitutto ponti tra l’Istituto e le scuole dove insegnava. Ponti tra questi allievi e i ragazzi meno fortunati che vi erano accolti… Tra l’Africa, dapprima, e poi tutto il mondo in quanto, fin dalla metà degli anni ’70, cominciò a salvare dalle carestie e dalle guerre bambini e ragazzi che poi si sarebbero rivelati suoi preziosi collaboratori».
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