Seminario minore di Buta, Burundi. 30 aprile 1997. L’edificio viene preso d’assalto da una truppa di miliziani di etnia hutu (che insieme a quella tutsi compone la dicotomia etnica del piccolo stato africano). Ai giovani viene ordinato di dividersi nei rispettivi gruppi etnici. Questi si rifiutano, scegliendo di morire affermando l’unità in Cristo piuttosto che tradire il loro amore fraterno. Quel giorno quaranta seminaristi vengono barbaramente assassinati. «Siamo fratelli, non possiamo separarci» le loro ultime parole, prima di subire la tragica esecuzione. Un martirio di cui don Marc Bigirindavyi, al tempo insegnante di geografia al seminario di Buta, è stato testimone oculare, riuscendo miracolosamente a sopravvivere, segnato nel profondo. Tanto che l’evento, negli anni, lo ha aiutato a maturare la vocazione sacerdotale. Dal 2017 vicario della parrocchia di San Petronio a Castel Bolognese, don Marc offrirà la sua diretta testimonianza domani, martedì 27 febbraio, alle 20.45 nella chiesa di San Pio (via Gradizza), in occasione del secondo appuntamento con i Quaresimali della parrocchia di San Francesco. La serata, dal titolo Martiri della fraternità, è ispirata al libro scritto dallo stesso don Marc. Il suo intervento farà comprendere anche i molteplici frutti generati dal gesto dei ragazzi, quali la nascita dell’associazione Luce del mondo di Buta, la costruzione di un santuario mariano e di un monastero, il fiorire di nuove vocazioni. E, soprattutto, l’abbandono dello spirito di vendetta per aprirsi alla fraternità.
Quando la fraternità vince l’odio. Tornano i Quaresimali della parrocchia di San Francesco

Martedì 27, ore 20.45 a San Pio, sarà ospite Don Marc Bigirindavyi, testimone della strage di Buta di fine anni ‘90