8, Luglio, 2025

Simone, la Svizzera e la voglia di tornare presto in Italia

Loreti, 39enne imolese, è oggi ricercatore e project leader all'Università di Berna: «Ma vorrei riportare a casa il bagaglio di conoscenze acquisite»

Abbiamo lasciato Simone Loreti nel 2013, quando ci raccontava di essersi trasferito all’estero essenzialmente per le maggiori opportunità, in ambito accademico, che altri Paesi offrivano in quel momento.
Dopo un anno in Spagna e tre in Inghilterra, Simone ha accumulato diverse esperienze in Svizzera, dove si trova, oggi 39enne, da ormai sette anni. La scelta della Svizzera è stata per lui un po’ casuale.
«Nel 2016 fui contattato dalla Roche, industria farmaceutica che ha quartier generale a Basilea – racconta Simone -, dove ho avuto l’opportunità di simulare e modellare (analiticamente e al computer) un processo fondamentale dell’industria farmaceutica e nel 2018 mi sono spostato all’Università di Berna per una ricerca sugli impatti dei pericoli naturali, in particolare inondazioni e cambiamenti climatici, operando all’Oeschger Centre for Climate Change Research (Occr), centro interdisciplinare per la ricerca sul clima dell’Università di Berna. Ho potuto insegnare, oltre che fare ricerca su una branca della fisica dei sistemi complessi che mi è sempre piaciuta, e stretto interessanti collaborazioni con partners accademici e industriali, tra cui la Swisscom, leader svizzero delle telecomunicazioni. Oggi sono nuovamente all’Università di Berna in qualità di project leader (capo progetto) e ricercatore. Tra i vari progetti, da circa un paio di mesi, sono in trattativa con due importantissime aziende italiane per ricevere dati sull’inondazione dell’Emilia-Romagna, e studiarne dinamiche e impatti. Le priorità nel frattempo sono cambiate e l’idea di poter riportare a casa il bagaglio di conoscenze acquisite all’estero sta prendendo sempre più piede: questo, chiaramente, quando si presenterà l’opportunità giusta!».
Che differenze ha trovato nei rapporti personali da un Paese all’altro? Simone ci spiega che stringere amicizie più o meno solide e durature è molto soggettivo, facile o difficile anche secondo la cultura del luogo, che gioca nei rapporti un ruolo importane: «In Italia e in Spagna le amicizie nascono in modo spontaneo e veloce. In Inghilterra e in Svizzera la cosa è più complicata e dipende da molte variabili. Si stringono amicizie soprattutto nei luoghi di studio o di lavoro, o si creano nei luoghi deputati allo sport e alle attività ludiche».
A Basilea, dove Simone risiede con la moglie di origine finlandese e un bimbo di poco più di tre mesi, frequenta e fa attività in una parrocchia, una comunità cattolica italiana guidata dai missionari scalabriniani: «Qui è stato facile stringere amicizie, abbiamo creato un gruppo famiglie ed è evidente che, alla fine, si tende a legare con i propri connazionali, con cui si hanno più punti di contatto. Sia in Inghilterra che in Svizzera gli autoctoni difficilmente accolgono persone che probabilmente non resteranno per sempre. È più facile quindi fare amicizie internazionali con persone che si incontrano in ambito di studio o lavoro».
Che dire di questi anni di esperienze all’estero? «Vediamo la Svizzera e l’Inghilterra come Paesi fantastici. Posso però affermare che a parte i campi dell’università e del lavoro non offrono dal punto di vista artistico, della storia, della cultura e anche… culinario ciò che offre l’Italia. Da noi basta spostarsi nel raggio di 50 chilometri per trovare centinaia di luoghi da vedere, da visitare, cose da fare. Altrove questo è tutto più limitato».


© Riproduzione riservata

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