L’uscita del sindaco di Bologna e quindi metropolitano Matteo Lepore, in cui si prefigge di giungere in tempi brevi a un’unica Ausl metropolitana (cioè bolognese) non è né nuova, né originale, né sorprendente. Per cui anche mere reazioni di diniego a questa proposta da parte delle istituzioni locali di Imola e (in parte) del circondario rischiano di essere scontate e irrilevanti.
Neppure tocca la sostanza del problema il fatto che il sindaco metropolitano Lepore (come i suoi predecessori) soffra di un grave deficit democratico e quindi politico: eletto dai soli residenti nel territorio comunale di Bologna, esercita i suoi poteri anche in tutta la provincia, dove i bolognesi sono meno del 30%, in virtù di una norma di legge disgraziata e viziata da palese incostituzionalità, al punto che stupisce come nessuna forza politica locale che abbia a cuore Imola si sia mai attivata nelle sedi opportune per farla rilevare.
Per ottenere risultati significativi in tema Ausl occorre focalizzarsi su una strategia di più ampio respiro, che inglobi l’argomento, ma non si limiti a esso.
Imola e il suo territorio di riferimento (dentro e fuori la provincia di Bologna) sono un soggetto meritevole di tutela e valorizzazione, non per goffi ripiegamenti campanilistici, ma perché la sua storia e le sue peculiarità sono uno strumento efficace per dare oggi valore aggiunto e propulsione al tessuto sociale, economico e politico del suo territorio?
In altre parole Imola è solo una Castel San Pietro più grande, o ha ancora un ruolo propulsivo e aggregativo utile ai suoi cittadini e quelli del territorio di riferimento?
Se la risposta alla prima domanda è no, allora ciascuna delle tre proposte avanzate da Lepore va bene: un’unica Ausl, oppure progressive fusioni con Ausl, Sant’Orsola e Ausl di Imola fusi insieme, con o senza l’Irccs Sant’Orsola. E ogni resistenza a queste proposte apparirebbe solo come una miope e sterile opposizione al cambiamento, da parte di amministratori solo preoccupati di evitare il malcontento popolare, di fronte all’apparente lungimiranza di Comune di Bologna e Regione.
Ma se la risposta è sì occorre agire di conseguenza. La funzione aggregativa di Imola comprende un’ampia parte di territorio ora in provincia di Ravenna, ricompreso in un perimetro su cui già insistono altre istituzioni pubbliche e private (Con.Ami, Diocesi, Fondazione Cassa di Risparmio); azioni di concerto, nel rispetto dei differenti ruoli di ciascuna, possono produrre effetti concreti; più stretti rapporti con l’Ausl Romagna possono essere proficui per entrambi, e grandi soggetti privati come il Gruppo Villa Maria possono offrire soluzioni importanti e pregevoli. In questo modo ogni collaborazione con le istituzioni sanitarie bolognesi, utile e doverosa, non apparirebbe più il preludio a una fusione per incorporazione dell’Ausl di Imola, come di fatto è. E Imola potrebbe svolgere il ruolo che le è proprio, cogliendo il meglio da entrambe le parti. E così emergerebbe come questa compartimentazione tra Bologna e Romagna e questo giganteggiare di mega Ausl sono essi stessi progetti anacronistici, ipertrofici e inefficaci. Agire, non reagire.
Andrea Ferri
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