12, Luglio, 2025

Imolians. In Cina per il Covid app di tracciamento, telecamere e polizia pronta a intervenire

Rientrato in giugno a Canton, «mi hanno sottoposto a una sorvegliatissima quarantena nella stanzetta di un hotel, nessuno poteva entrare»

Come si vive in Cina la pandemia? A raccontarcelo è M.R., un imolese (che sceglie l’anonimato) che da ormai tre lustri vive in Cina.

«Ero a Imola la scorsa primavera, sono rientrato in giugno a Canton, dove mi hanno sottoposto a una sorvegliatissima quarantena nella stanzetta di un hotel molto spartano nella zona di Nanchino. Guardie attorno allo stabile, nessuno poteva entrare, fatta eccezione per il personale sanitario che veniva ogni giorno a misurarmi la febbre, e la persona che mi portava i pasti preconfezionati. La pandemia ora sembra sotto controllo, i casi attualmente parrebbero molto limitati, considerando che parliamo di un paese che conta oltre un miliardo e 400 milioni di abitanti. I pochi casi sembrerebbero essere “da rientro”, cinesi che vivono all’estero che han- no fatto ritorno in Cina, persone che si recano in Cina per lavoro. Per i casi presenti nel paese i cinesi tendono a far ricadere l’origine del virus come giunto dall’esterno, dando a volte la colpa a confezioni di cibo importato da paesi esteri. Sulla realtà dei casi da occidentale non posso essere molto informato, le informazioni girano in mandarino e non è così facile accedervi e sono in ogni caso molto controllate, non girano certo le fake news alle quali siamo abituati in Italia. L’allerta è comunque alta anche se la gente conduce una vita praticamente normale. Il primo di settembre c’è stato un caso di Covid nel condominio in cui abito, e parliamo di un condominio che ospita circa trecento inquilini: io stavo per uscire per recarmi al lavoro e ho trovato davanti all’ingresso unità anti Covid e spiegamento di polizia che ti bloccava con fare molto deciso e ti rimandava nel tuo appartamento. Un’ora dopo a tutti era già stato fatto il tampone, siamo rimasti all’interno un giorno, è stato portato il vitto a chi ne fosse sprovvisto e nella notte sull’applicazione a cui siamo collegati è comparso il risultato: tutti negativi nel palazzo. A Canton tutti girano tuttora con le mascherine, che per loro non sono state una novità visto che già erano abituati a portarle in caso di raffreddore, usano quindi strumenti che già avevano, come i sistemi di tracciabilità da decenni presenti per motivi di sicurezza nazionale e le telecamere collocate ovunque che fanno anche il riconoscimento facciale. Di base il cinese è molto più attento degli europei e americani alla salute».

Come funziona l’applicazione di cui ci parlava?
«È WeChat, un servizio di comunicazione attraverso messaggi sviluppato da una società cinese: dallo scorso aprile è necessaria per entrare nei luoghi pubblici (occorre mostrare il green code, un codice che indica che il tuo tampone è negativo), negli aeroporti, nelle stazioni e in alcuni ristoranti. Quando firmi per ottenere il visto per la Cina sai che ti dovrai attenere a queste norme, quindi nessuno si meraviglia, tanto meno io che in Cina abito da quindici anni. Ci si fa l’abitudine».
Com’è la situazione a livello economico?
«Il paese sembra gestire molto bene la pandemia, l’economia sta riprendendo velocemente, ha colpito piuttosto il micro business, le piccole attività, mentre le grandi vanno bene, nonostante la flessione nell’export perché in occidente si usano meno i prodotti cinesi. Il consumo interno va bene, ovviamente è invece bloccato il turismo».
Come vive oggi un italiano in Cina?
«I ritmi e le abitudini ti obbligano a vivere in un determinato modo, Canton è una città difficile, quando esci c’è una moltitudine incredibile di gente. Tra occidentali ci si incontra a casa di qualcuno o nei ristoranti, l’integrazione con i locali è quasi impossibile. Occorre adeguarsi alle loro regole, l’informazione è controllatissima, nessuna possibilità di accedere a Facebook, ad esempio, o a siti di informazione occidentali, se non usando qualche stratagemma. Ma dopo tanti anni si accettano le condizioni di vita, ci si adatta a seguire le regole».

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