13, Luglio, 2025

Imolians. «L’America sceglie di sacrificare una quota di popolazione»

Andrea Ori ci scrive dagli Stati Uniti: si trova in Georgia, nella contea di Whitfield (99 casi e un decesso nel momento in cui scriviamo). Lavora alla Felplast a Dalton, abita ad Atlanta dall’inizio del 2006 e da sempre si occupa di riciclo di materie plastiche.

«Premetto che le mie sono opinioni personali. Ma mi sono documentato anche leggendo I due “stili” strategici di gestione dell’epidemia a confronto di Roberto Buffagni. Qui la gestione dell’epidemia rispecchia fedelmente l’etica e il modo di intendere l’interesse nazionale e le priorità politiche. Non si contrasta il contagio, si punta tutto sulla cura dei malati. Il modello americano fa un calcolo costi/benefici, e sceglie consapevolmente di sacrificare una quota della propria popolazione, quota più o meno ampia a seconda delle capacità di risposta del servizio sanitario nazionale, in particolare del numero di posti disponibili in terapia intensiva. In caso di contagio massiccio nessun servizio sanitario nazionale sarà in grado di prestare le cure necessarie a tutta la percentuale di malati da ricoverare in terapia intensiva, una quota dei quali viene così condannata in anticipo. La quota sarà più o meno ampia a seconda delle capacità del sistema sanitario, della composizione demografica della popolazione (rischiano di più gli anziani e i già malati), e di altri fattori imprevedibili quali eventuali mutazioni del virus. La scomparsa di una determinata categoria di persone non soltanto non compromette la funzionalità del sistema economico, ma semmai la favorisce, alleviando i costi del sistema pensionistico e dell’assistenza sanitaria e sociale nel medio periodo, per di più innescando un processo economicamente espansivo grazie alle eredità che, come già avvenuto nelle grandi epidemie del passato, accresceranno liquidità e patrimonio di giovani con più alta propensione al consumo e all’investimento rispetto ai loro maggiori. La scelta del modello Usa accresce la potenza economico-politica del Paese rispetto ai loro concorrenti che adottano l’altro modello e devono scontare il danno economico devastante che comporta. Il modello americano, che non è una società cattolica come la nostra, ma individualista, non contiene il contagio, sacrifica consapevolmente una quota di popolazione. Non richiede alcuna misura di restrizione della libertà: la vita quotidiana prosegue esattamente come prima, tranne che molti si ammalano e una percentuale non esattamente prevedibile ma non trascurabile di essi, non potendo ottenere le cure necessarie per ragioni di capienza del servizio sanitario, muore. Quindi qui non si rendono conto della situazione e continuano a vivere come se niente fosse come sul Titanic: l’orchestra suona e la nave affonda. Per un motivo a me sconosciuto manca la carta igienica. Sarà che noi siamo un paese evoluto e abbiamo i bidè: qui no, come nel far West ai tempi degli indiani e dei cow boys! Concludo dicendo che sono contento che l’Italia scelga di salvare tutti i salvabili. Vi abbraccio tutti e Viva L’Italia!
Andrea».

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