Da Fontainebleau arriva la testimonianza di Silvia Gollini, in Francia da una quindicina di anni, marito francese e due figlie. Con il marito, Silvia si occupa di consulenza, formazione e coaching per aziende multinazionali di medie dimensioni.
«Noi ’italiani in Francia’ da una decina di giorni ci stavamo chiedendo cosa stesse succedendo, perché anche qui non venissero prese misure restrittive: la domanda sorgeva spontanea, capisco che la Cina possa apparire lontana, ma hai il tuo vicino di casa che è messo malissimo, pensi forse che il virus non attraversi la frontiera? *
Poi hanno finalmente preso il primo provvedimento, la chiusura delle scuole, da lunedì scorso. Nessuno ha capito perché le scuole sì (come le biblioteche, le piscine, le palestre, i centri di aggregazione culturale), mentre le elezioni municipali, nonostante il bilancio dell’epidemia nei giorni scorsi parlasse di un crescente numero di casi di Coronavirus, si sono tenute regolarmente anche se con un protocollo che, secondo loro, dovrebbe limitare i contagi. Una decina di giorni fa io ho cominciato a tossire, ad avere un male alla testa atroce e la febbre alta. Ho chiamato il 15, numero della Samu, le urgenze. Dopo un’ora di attesa perché il medico mi rispondesse la diagnosi è stata “influenza”: «Ma per sicurezza stia in quarantena» (senza nessun’altra spiegazione). Non sono ancora del tutto guarita e sono molto affannata, potrei effettivamente aver avuto il virus in forma non grave, ma penso che come me tanti altri possano averlo avuto e che quindi il numero dei contagiati è probabilmente sottostimato. Per quel che riguarda le mie amiche e amici francesi, questo è un altro grande tema che fa arrabbiare noi italiani, sento da tutte le parti “che ci sarà da agitarsi tanto per un’influenza”, “non dobbiamo avere paura”, “diamoci ugualmente un bacio”… insomma all’inizio della pandemia circolava questo ottimismo rischioso. Ora questo atteggiamento mi sembra più grave perché non è possibile che l’esperienza dell’Italia, tanto vicina a noi, non venga tenuta in considerazione. Per quanto riguarda le scuole, gli insegnanti hanno competenze informatiche variate, si va dall’insegnante di francese che ha già organizzato tutto e farà lezione online, a chi comunica “passate a prendere le fotocopie”.
Nessuna novità per chi ha esami in vista, per ora nessuna comunicazione ma bisogna considerare che qui la situazione è precipitata pochi giorni fa. Fino ad allora si diceva che erano gli italiani a “fare la sceneggiata”. Sono pochissimi a rispettare la distanza nelle code. Altro recentissimo provvedimento, il confinamento dei senior (maggiori di 70 anni) ma guardando fuori vedo decine e decine di senior a passeggio. Soltanto il 16 marzo è arrivato il monito di Macron a spostarsi il meno possibile da casa. Le grandi imprese hanno adottato in massa il telelavoro e non ricevono più nessuno: io stessa avrei avuto giorni fa una riunione in una grande azienda alla Défense e quando ho chiamato per dire che non potevo andare causa quarantena mi hanno preceduta dicendomi che nessuno è più ammesso nei loro uffici. Per le piccole imprese è dura… Mio marito ed io, che con la nostra società proprio in questi mesi generalmente facciamo la maggior parte del fatturato annuo, abbiamo avuto decine di cancellazioni. Nei prossimi sarà quindi ancora più dura perché per riprendere a far girare il business di mesi ne occorrono almeno sei. Terremo duro, ma sento di tanti amici che hanno piccole imprese di produzione che non sanno se potranno andare avanti. Teniamo le dita incrociate e preghiamo… io spero che tutto passi velocemente. Siamo ora confinati in casa anche se le scene nei parchi nello scorso week end mi fanno pensare che ancora la gente non si renda ben conto della situazione. Di certo vorrei tanto essere in Italia ora. Questo è il bollettino di guerra francese! Vi abbraccio con mascherina e amuchina e spero che per tutti le cose si mettano al meglio!
Silvia».