La compagnia teatrale di Varese “Va’ cercando” da qualche anno gira i teatri per rappresentare lo spettacolo La notte dell’Innominato. E se c’è quest’altra vita…!. A Imola giungeranno sabato 16 dicembre, al teatro dell’Osservanza con inizio alle 21, invitati dall’Associazione amici di Comunione e Liberazione. L’ingresso è a offerta libera e il ricavato sarà interamente devoluto alla Fondazione Avsi per la Campagna tende 2017/2018 intitolata “La casa dov’è?”. Per prenotazioni si può contattare Gianmaria Della Corte al numero: 342 7174587 o acquistare direttamente i biglietti a teatro la sera stessa.
La rappresentazione ruota attorno a due figure chiave: il cardinal Federigo Borromeo e l’Innominato. E’ nel rapporto che si instaura tra i due personaggi che alcuni ragazzi di Gioventù Studentesca rintracciano il motivo che li ha spinti ad organizzare l’evento: <<Mi ha colpito moltissimo l’abbraccio finale tra l’Innominato e il cardinal Borromeo – racconta Anna – perché non si riusciva a capire chi dei due sostenesse l’altro. L’Innominato è completamente abbandonato nelle braccia del cardinale, quasi come se Federigo fosse l’unico punto a cui aggrapparsi con tutto il carico del proprio male, del proprio inferno. E il cardinale è talmente commosso dal dramma dell’Innominato che, con l’immenso bene che prova per lui, sembra volerlo trascinare verso l’alto. Chi non desidera un abbraccio come questo?>>
Nel brano riportato sotto il celebre passo della “Notte dell’Innominato”, tratto dal capitolo XXI de I Promessi Sposi:
E assorto in queste contemplazioni tormentose, andava alzando e riabbassando, con una forza convulsiva del pollice, il cane della pistola; quando gli balenò in
mente un altro pensiero.”Se quell’altra vita di cui m’hanno parlato quand’ero ragazzo, di cui parlano sempre, come se fosse cosa sicura; se quella non c’è, se è un’invenzione de’ preti; che fo io? perché morire? cos’importa quello che ho fatto? cosa importa? è una pazzia la mia… E se c’è quest’altra vita…!” A un tal dubbio, a un tal rischio, gli venne addosso una disperazione più nera, più grave, dalla quale non si poteva fuggire, neppur con la morte. Lasciò cader l’arme, e stava con le mani ne’ capelli, battendo i denti, tremando. Tutt’a un tratto, gli tornarono in mente parole che aveva sentite e risentite, poche ore prima: “Dio perdona tante cose, per un’ opera di misericordia!” E non gli tornavan già con quell’accento d’umile preghiera, con cui erano state proferite; ma con un suono pieno d’autorità, e che insieme induceva una lontana speranza. Fu quello un momento di sollievo: levò le mani dalle tempie, e, in un’attitudine più composta, fissò gli occhi della mente in colei da cui aveva sentite quelle parole; e la vedeva, non come la sua prigioniera, non come una supplichevole, ma in atto di chi dispensa grazie e consolazioni.