Si parla tanto di immigrazione, ma non dimentichiamo che non ci sono solo i migranti che arrivano in Europa approdando sulle coste italiane: sono tantissimi anche gli italiani che hanno lasciato e continuamente lasciano il Belpaese. Non scappano dalle guerre e dalla fame, ma vanno in cerca di qualcosa di meglio dal punto di vista dello studio e del lavoro. Il rapporto Migrantes, presentato nei giorni scorsi a Roma, ha fotografato un’Italia con la valigia in mano: ne è testimonianza, a livello locale, la nostra rubrica dedicata agli Imolians. Il nostro osservatorio è certamente parziale, ma significativo per l’area di cui ci occupiamo: se alcuni dei nostri Imolians sono cervelli in fuga, sono anche molti i giovani o meno giovani che se ne sono andati alla ricerca di un futuro lavorativo più sicuro e studenti che decidono di frequentare l’università all’estero sperando di poter accelerare la ricerca di un lavoro. Parte anche chi il lavoro in Italia non lo ha proprio trovato, chi cerca un luogo dove gli stipendi siano più alti e l‘assistenza sociale più attenta, chi spera di avere più fortuna fuori da quel Belpaese che poi, una volta lontani, sono in molti a rimpiangere. Le radici restano tali, lo sono per chi se ne va oggi come lo erano per gli emigranti che se ne sono andati dall’Italia tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, negli anni Trenta e di nuovo negli anni Cinquanta: l’esodo degli italiani non è una novità, ma l’ondata migratoria di oggi rispetto ad allora è agevolata dai costi inferiori dei viaggi e dalla facilità di comunicazione. Si calcola che tra la fine dell’800 e il 1960 abbiano lasciato il nostro Paese qualcosa come 26 milioni di persone. Certo, molte poi sono anche tornate. C’è chi ha cercato un Paese in cui essere meglio valorizzato come persona, chi dichiara di essersene andato perché in Italia non esiste la meritocrazia. A partire sono anche ultrasessantenni che scelgono di trascorrere la vita da pensionati in un luogo dal clima migliore e dalle tasse minori, imprenditori messi in ginocchio dalla nostra burocrazia. I mass media hanno riportato in questi ultimi giorni numeri impressionanti: sarebbero 107.529 gli italiani espatriati nel 2015 ed ora iscritti all’Aire (anagrafe degli italiani residenti all’estero). C’è da augurarsi, come ha auspicato il capo di stato Sergio Mattarella, che i giovani che oggi lasciano l’Italia possano un giorno tornare e «riportare nella nostra società le conoscenze e le professionalità maturate».