Anche se cade nel pieno delle ferie estive, la festa di san Cassiano è per il vescovo l’occasione migliore in cui rivolgersi alla città, intesa come società civile, con le sue istituzioni e le varie componenti sociali. La voce della comunità cristiana non cadrà nel vuoto, nonostante che le precomprensioni e le distrazioni apparentemente la sovrastino. Riprendo anzitutto l’enciclica Laudato si’, sulla quale attirai l’attenzione l’anno scorso. Condividiamo infatti la responsabilità di custodire e coltivare il creato: noi stessi, con l’ambiente del qual facciamo parte. Appare arduo, ma è indispensabile, coniugare ecologia ed economia. Non avrebbe futuro un’impresa – pubblica o privata – che legasse la propria efficienza produttiva alla sottovalutazione dell’equilibrio ambientale, così come non ha futuro se sfrutta i propri addetti. Di fronte ai problemi della raccolta dei rifiuti, ci è chiesto un di più di umanità, se non altro perché seguendo solo gli interessi economici si raggiungono compromessi scadenti e non si diventa competitivi. Ricevere ogni giorno come un dono di Dio la terra sulla quale viviamo è condizione indispensabile per evitare di inquinarla e per convivere su di essa in modo solidale. Sapere che questa terra assorbì un giorno il sangue del martire Cassiano è di grande efficacia per riscoprirne la sacralità e per farla percepire ai nuovi cittadini di Imola e del suo territorio. Ma l’ecologia non è solo ambientale: necessariamente si estende all’uomo. Quando Giovanni Paolo II e ora Francesco associano al rispetto per l’ambiente naturale quello per la famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, non confondono natura e cultura, ma richiamano al rispetto della dignità della persona. La devozione al patrono è anche fattore di coesione sociale, in riferimento non solo al patrimonio storico della città, ma anche al suo presente e al suo avvenire. Gli immigrati, i profughi, i nomadi sono spesso guardati con diffidenza, eppure la sfida dell’integrazione va accettata, considerandoli parte del nostro futuro. Non meravigliamoci scoprendo che c’è chi commercia su di loro: cosa ci si potrebbe aspettare da una cultura che ha fatto del profitto il principale obiettivo dell’attività economica e che ha asservito ad essa la politica? Nel nome di san Cassiano, auspico che all’educazione scolastica (compresa la scuola per adulti) vengano riservate le migliori energie e le necessarie risorse. Che il patrono della nostra città fosse un insegnante non può essere ritenuto un particolare insignificante: è piuttosto un fattore di civiltà, che diventa impegnativo quando si è tentati di dedicare più attenzione a cose marginali, solo perché rendono in termini di consensi.Infine, richiamo il convincimento che lavorare nella produzione, nel commercio, nell’educazione e nella cura è il modo più comune ed efficace di integrarsi e – contemporaneamente – di integrare tanto gli immigrati quanto i giovani. Se siamo intraprendenti, non ci lasceremo sopraffare dal pessimismo. Incontrandoci nel nome di san Cassiano e facendo festa per lui, consolidiamo la convivenza civica.