Hanno sloggiato Gesù», denunciò anni fa una mite ma lucida Chiara Lubich. Gesù non è di nessuno, neanche dei cristiani, perché è di tutti; è giusto però denunciare l’esproprio fraudolento della sua festa di compleanno, se vengono nascosti di proposito, specialmente ai piccoli e ai non cristiani, il nome e il titolo del Festeggiato. Onestà vuole che si rispetti e si riconosca l’origine della festa, pur essendo legittimo sostituire eventualmente il suo contenuto con una nuova, più attraente narrazione, la cui proposta sia esplicita e plausibile. Non basta infatti rivendicare soltanto il rispetto della tradizione: occorre anche spiegarne la validità con i gesti e con le parole; la tradizione porta noi, ma nello stesso tempo ci coinvolge. La sfida lanciata al Natale cristiano va raccolta e non subita. La tradizione non permette di ripetere, di tramandare senza che ci si impegni a spiegare. Sono proprio i bambini, con le loro innocenti e insistenti domande, i primi a reclamare la testimonianza a Gesù Cristo. Con gli adulti invece il discorso è diverso: chi strumentalizza il Natale a scopo consumistico è censurabile, è un idolatra del denaro. Degno di critica severa è anche chi compie un’operazione sistematica di svuotamento del contenuto della festa per ridurre tutto a “buoni sentimenti”, che non impegnano più di tanto. Costoro non si aspettino l’ingenua adesione dei cristiani. Disonesti poi sono quanti si nascondono dietro il rispetto della libertà religiosa per mancare di rispetto a quella degli altri. Ma anche tra noi che ci professiamo credenti in Cristo non manca l’esigenza di richiami forti: non sempre infatti ci lasciamo avvolgere dalla luce che brillò duemila anni fa a Betlemme. Come osiamo allora presentarci a far festa? Gesù accoglie tutti, ma in modo da farci sentire una fitta al cuore, mettendoci di fronte alla coscienza, che ostinatamente abbiamo fatto tacere. Non parla ancora, nella capanna di Betlemme, ma il suo vagito è quanto mai eloquente. Lo avvertono tanto gli intellettuali quanto i semplici, sia pure con gradi diversi di responsabilità. La buona educazione con cui rispondiamo agli auguri o ci affrettiamo a farli per primi non basta; i regali anche costosi non bastano, ci è chiesto qualcosa di più. Lo sappiamo: Gesù merita di essere amato e l’amore costa. L’augurio che ci scambiamo non sarà quindi per la buona salute, per una vita tranquilla, per il successo, ma per un incontro autentico con il Bambino che viene a liberare dalla falsa coscienza, dalla pigrizia, dalla presunzione. Chi vorrà rifiutare questo genere di augurio?