Una testimonianza da un Paese non facile quella di Antonella Durante, da qualche tempo trasferita in India, dove ha riunito la famiglia e raggiunto il suo compagno, Maurizio Matta, del quale nel 2008 abbiamo raccontato l’esperienza in Texas. m.ad.m.
«Sono nata e cresciuta a Napoli e, dopo aver vissuto per lavoro per brevi periodi in altre due città, Imola è diventata la mia «mamma adottiva», nella quale sento le mie radici, forse perché ha rappresentato un nuovo inizio per me, forse perché a Imola ho conosciuto il mio attuale compagno di vita, Maurizio, di cui avete riportato l’esperienza quando lavorava in Texas, il padre di nostra figlia nata, appunto, a Imola. Ho vissuto a Imola diversi anni anche se in due differenti periodi e mi sento molto più radicata in Romagna che a Napoli, la mia città natale; forse perché, come dice mio padre, a Napoli mi legano ricordi tristi, come la morte di mia madre. Eh sì, la vita è davvero sorprendente! Vivere all’estero è stata una «scelta d’amore». Ma se fino a qualche anno fa la mia vita si è svolta tra Italia e Stati Uniti, oggi mi sono stabilizzata in India con la mia famiglia, anche se periodicamente torno in Italia. Trovarmi qui, in una realtà radicalmente differente dagli States e dallo stile di vita di cui ho avuto la fortuna di godere grazie a Maurizio, rappresenta un cambiamento notevole per me, sia fisicamente che emotivamente. La sfera dei sentimenti è strettamente legata alle mie scelte, e dopo un susseguirsi di eventi nel corso degli anni, posso dire di sentirmi a casa dove ci sono le persone che amo, quelle davvero importanti, ovunque esse siano. Essere in India è come affacciarsi da una finestra e trovarsi di fronte a uno scenario quasi remoto, dove il tempo si è fermato e le persone mi riconducono ai racconti di mia nonna paterna, quando era una bambina. Qui, almeno nel villaggio in cui viviamo, Bhuntar, distretto di Kullu, stato federato dell’Himachal Pradesh, India del Nord, dove Maurizio lavora ora, non paragonabile a grandi città come New Delhi o Mumbai, è normale vedere donne che fanno i lavori più pesanti e più faticosi, come caricarsi del peso di mattoni destinati alla costruzione delle loro stesse case, portando dietro la schiena il proprio figlio avvolto in una sorta di marsupio. Non importano le condizioni climatiche, che ci sia freddo o che bruci il sole d’estate, loro lavorano senza sosta. Altre donne, addirittura le anziane, hanno dietro le spalle una lunga cesta di vimini nella quale trasportano svariati chili di erba, rami o fogliame destinati agli animali o ad altri usi. Al mattino presto vanno a prendere il latte appena munto e durante il giorno le si vede al fiume mentre lavano i panni o lungo le strade, dove si lavano i capelli, all’aperto, prendendo l’acqua manualmente. Chi è molto povero non ha il bagno in casa e per lavarsi si reca al fiume (bambini compresi, anche in pieno inverno). È normale uscire a fare la spesa ed essere seguiti da frotte di bambini di ogni età che chiedono soldi o del chapati, il pane locale. Mentre fare delle passeggiate nei dintorni è quasi un’impresa, dovendo evitare le macchine che corrono senza regole, dovendo percorrere con maestria sentieri fatti di rifiuti, di escrementi di mucche, di pecore, di asini, sentieri fatti di fango e terra, privi di marciapiedi. Ci sono giorni in cui mi piace immergermi nei sapori e negli odori indiani e sentire di farne ormai parte. Altre volte, invece, prevale in me il senso di protesta verso una condizione diversamente igienica a cui non sono affatto abituata, che mi altera lo stato d’animo ed è per me causa di «giornate no». Ma so che tutto rientra in un contesto di normalità, so che poi passa, perché incentivata da valide e solide motivazioni e perché alleviata dalle quotidiane gratificazioni di Maurizio. Ovviamente non mancano quei momenti in cui vorrei poter andare in pasticceria per la colazione, oppure semplicemente uscire per comprare il latte in un banco frigorifero! Quello che ho visto e ciò che i miei occhi vedranno ancora, è un’esperienza che arricchisce, che penetra tra le pieghe del cuore, che si annida nell’anima, che ogni giorno mi rende consapevole della mia fortuna e mi fa apprezzare quanto mi circonda e mi dà la possibilità di vivere e di tenere unita la famiglia. Caratterialmente non sono molto dotata di pazienza, me ne rendo conto… l’ho perduta nel corso degli anni e me ne dispiaccio perché mi predisponeva alla calma e all’interagire con le persone in modo diverso rispetto ad oggi. Sto imparando tante cose su me stessa e scoprendo nuovi aspetti del mio carattere che è mutato nel tempo e che mi hanno portato a riflessioni profonde. Ma ogni giorno mi dico che posso farcela, che stiamo preparando del terreno fertile per il futuro dei nostri figli. Ogni giorno imparo qualcosa per essere migliore e per quanto io possa impegnarmi, per quanto io possa imparare dai miei errori di donna e di madre, sarà soltanto il tempo a trarne le giuste conclusioni. Sono convinta e felice delle mie scelte, soprattutto ne sono sempre stata consapevole e presente a me stessa. Non ho rimpianti, solo che quando comprendi che non si è infallibili, che anche tu puoi sbagliare e che non si è mai abbastanza preparati al dolore, allora cominci a vedere le cose attraverso una prospettiva diversa, come prendere una fotografia da una diversa angolazione e scorgere una luce del tutto nuova. Una conclusione personale? Che sento tutto il peso ed anche di più dei miei ormai 39 anni. Ma in fondo non importa dove si vive o come si vive, ciò che conta veramente è con chi scegliamo di condividere la vita ed ogni suo attimo prezioso. Devo dire grazie a chi ha reso possibile tutto questo. Antonella Durante».