Non capita spesso di imbattersi in due sorelle, entrambe giovanissime ed entrambe all’estero. Di recente abbiamo riportato in questa rubrica la testimonianza di Bianca Locatelli in Svezia, questa volta è il turno della sorella, Elsa. La maggiore delle sorelle Locatelli si trova nella contea di Hertfordshire, a Watford, città medioevale immersa nel verde di una collina. Anche a lei, come a Bianca, l’intraprendenza non manca. La specializzazione e il fatto di essere molto motivata non le sono bastati per trovare in fretta lavoro in Italia, ma non si è persa d’animo… L’Inghilterra chiama, Elsa parte…
«Eccomi qui, oggi ho un po’ di tempo per raccontarvi la mia esperienza – racconta Elsa -. Lavoro molto e i momenti liberi li devo dedicare anche alla spesa e alla pulizia di casa. A Imola mi sono diplomata al liceo socio psico pedagogico, poi ho studiato infermieristica a Bologna. Dopo essermi laureata ho iniziato a spedire curricula, ma nessuno mi rispondeva.
In Rete ho trovato una proposta di lavoro per il Watford General Hospital, ho scritto, mi hanno convocata a Milano per un colloquio in inglese con personale dell’ospedale». Dopo quanto tempo hai avuto una risposta? «Il giorno successivo mi hanno confermato l’idoneità, mi hanno inoltrato tutte le informazioni necessarie (quando avrei iniziato a lavorare e dove, come avrei potuto reperire l’alloggio, in che modo ottener il tesserino per i trasporti, quali palestre avrei potuto frequentare qui e tante altre notizie utili) e dopo una ventina di giorni ero sull’aereo che mi avrebbe portata a Watford!
Insomma, in un attimo abile ed arruolata: «Sì, e mi sono buttata in questa avventura ad occhi chiusi, convinta che in Italia non mi avrebbero mai chiamata. Ed ecco che da ottomesi lavoro come staff nurse e già incomincio a pensare a come dare una svoltaalla mia carriera, cercando di crescere di livello. Appena arrivata ho fatto qualche settimana di supernumerary per aggiornarmi, poi subito al lavoro. Al momento sono band 5, ma non escludo in futuro, spero non troppo lontano, di diventare band 6 o 7: questo è il sistema di avanzamento di carriera, di tipo piramidale, si passa da un band al successivo quando ti vengono riconosciute competenze cliniche maggiori. In Uk ti danno la possibilità di crescere di livello, e ti aiutano a raggiungere questo obiettivo. Per loro la parola chiave è esperienza, ma se non ne hai ancora acquisita e vedono che hai delle ambizioni ti aiutano a creartela. Ti offrono maggiori prospettive di carriera e uno stipendio migliore che in Italia. La prima impressione che ho avuto appena sono arrivata è che gli inglesi lavorino davvero molto: non fraintendetemi, non voglio dire che in Italia non si lavori, ma qui hanno una concezione diversa. In media faccio quattro turni a settimana di 12 ore, ma non si finisce mai il proprio lavoro in tempo, i tempi si dilatano e la giornata lavorativa diventa di 13 o 14 ore. Tuttavia non mi pesa perché vedo che apprezzano il mio sforzo e lo ricompensano. E sei certo che a fine mese avrai la tua busta paga. In una giornata di lavoro ci sono due pause di 30 minuti, per tutto il resto del tempo ti trovi totalmente coinvolto e responsabile del tuo operato. In Italia si delega molto al dottore, qui è l’infermiere ad essere responsabile dei suoi pazienti, deve farsene carico globalmente, può chiedere l’intervento del medico quando lo reputi assolutamente necessario. Ne deriva che ci si trova di fronte ad un lavoro di grande responsabilità. Non di rado rientro a casa con l’ansia, ma questo perché sono fatta io così… Il mio lavoro mi offre molta gratificazione a livello personale, ma nello stesso tempo ci possono essere momenti di difficoltà e preoccupazioni. Non è che qui siano tutte rose e fiori, già il lavoro da infermiere non è facile, inoltre in Inghilterra sono molto fiscali, molto indagatori, come è giusto che sia, molto responsabili. Se si presenta un minimo problema vogliono sviscerarlo, capirne le motivazioni, trovare la soluzione, identificare le responsabilità,. Per quella che può apparire come una piccola cosa possono andare avanti ad indagare per mesi e alla fine arriveranno al responsabile! Alla fine sono convinta che sia davvero giusto così, probabilmente proprio per questo la sanità funziona».
Al di là del lavoro, come sono i tuoi ritmi di vita? «Non così diversi da quelli che avevo a Imola. Lavoro tanto e quando rientro a casa sono stanca; sistemate le faccende relative alla vita quotidiana il mio tempo libero lo sfrutto per rilassarmi, soprattutto stando in compagnia con i miei coinquilini che sono tre persone fantastiche, due piemontesi, di Cuneo, e una portoghese, tutti e tre infermieri arrivati qui con me. Distiamo 20 minuti di metropolitana da Londra e ogni tanto ci facciamo una scappata. Ma ci basta anche sederci in salotto, ascoltare musica, organizzare qualche cenetta… Abbiamo addobbato la casa, siamo già pronti per il Natale!» Come immagini il tuo prossimo futuro? «Molti mi chiedono quando tornerò in Italia. Per ora non saprei rispondere. Ho tante ambizioni e progetti, sicuramente ad un certo punto tornerò, ma prima vorrei mettere a frutto qui la mia professionalità, per portare a casa un’esperienza solida, qualcosa di concreto che non possa essere cancellato tornando in Italia».
Come definiresti la tua esperienza? «Fatta di mille alti e mille bassi. Per fortuna ho alle spalle una solida e meravigliosa famiglia, che mi appoggia in tutto e per tutto, come ha fatto per mia sorella quando, ancora prima di me, è partita per la Svezia. La nostra famiglia “anti-Mulino-Bianco” che non finirò mai di ringraziare perché se non mi avessero cresciuta in questo modo… forse sarei ancora a Imola, certamente un po’ depressa, con una laurea in mano, senza lavoro o con un lavoro che potrebbe non darmi le soddisfazioni che sto raccogliendo qui. Ciao a tutti dalla vostra infermiera in Uk, Elsa>>