Lui lo definisce «un matrimonio combinato andato bene», quello col mestiere di pizzaiolo. Ma Cristiano Cavina, casolano doc, non è un maestro solo con forno, farina e pomodoro. Da ormai dieci anni, infatti, ha dimostrato di saperci fare anche con la parola scritta e ha all’attivo sette libri pubblicati. A cui si aggiunge La pizza per autodidatti (editrice Marcos y Marcos), fresco di stampa e in libreria da pochi giorni. In questo nuovo libro Cavina racconta del suo mestiere di pizzaiolo, di come gli inizi non siano stati facili e di come oggi invece le cose abbiano preso una piega decisamente migliore. Ma tra le pagine del libro ci sono anche preziosi consigli su come fare la pizza, per chi, appunto, si vuole cimentare nell’impresa da autodidatta. Si uniscono quindi due mondi, quello del narratore e quello del pizzaiolo, che ormai da molto tempo viaggiano su binari paralleli e che è lo stesso Cavina a raccontarci.
A quando risale il suo primo approccio col mestiere di pizzaiolo?
Ero molto giovane, avevo appena finito le superiori. Mio zio aveva aperto una pizzeria a Casola Valsenio, così, terminati gli studi, la cosa è venuta da sé. A 18 anni mi sono trovato alle prese con forno, farina e lievito.
Cosa ricorda degli inizi?
Era tragico. Odiavo fare il pizzaiolo, all’inizio erano dolori. Significava lavorare quando gli altri facevano festa, niente uscite con gli amici il sabato sera, niente discoteca. L’unico giorno libero che avevo cadeva durante la settimana e ovviamente non si potevano organizzare grandi cose, considerato che tutti gli altri lavoravano.
A 20 anni non è facile convivere con tutto questo.
Poi?
Le cose sono cambiate, questo sì, ma ci sono voluti parecchi anni prima che iniziassi ad apprezzare il mio lavoro. Ad un certo punto ho scoperto che fare le pizze mi riusciva bene e questo mi piaceva. Così ho iniziato a vedere le cose da un altro punto di vista e poco a poco il mestiere di pizzaiolo non mi è parso più così ostico. Per questo lo definisco un matrimonio combinato andato bene.
Contemporaneamente, su un altro binario, correva la passione per la scrittura…
Sì, un percorso che è andato in parallelo con quello del pizzaiolo. Più o meno negli stessi anni in cui iniziavo ad armeggiare tra impasti, sugo di pomodoro e mozzarelle, infatti, mi cimentavo nella scrittura. Avevo circa 18 anni, a casa mia c’era una vecchia macchina da scrivere e iniziai ad usarla. Scrivevo tanto e scrivevo per me, mi piaceva molto. Solo successivamente è nata l’idea di farlo anche per altri, per un pubblico, di scrivere un libro. Il primo è uscito nel 2003.
Da allora di libri ne ha pubblicati uno dopo l’altro. Nel corso degli anni lei è diventato uno scrittore a tutti gli effetti, ma non ha mai smesso di sfornare pizze nel ristorante di famiglia…
No, e credo che questo mi abbia aiutato a rimanere con i piedi per terra, ancorato alle mie radici romagnole, alla concretezza. A vent’anni di distanza sono sempre rimasto fedele al ragazzo che ero, alle storie che volevo raccontare, che parlano del mondo che ho vissuto e che vivo. Senza voler andare a cercare troppo lontano.
Parliamo di pizza: al di là di acqua, lievito, farina, quali sono gli ingredienti fondamentali per sfornarne una perfetta?
Per prima cosa, la pizza perfetta non esiste. Togliamocelo dalla testa. Succederà sempre che una volta l’impasto non lieviti come dovrebbe, che un’altra la base resti in forno troppo o troppo poco. Una volta capito questo, gli ingredienti importanti da mettere in una pizza sono tanta pazienza e tranquillità. È questo che consiglio ai lettori nelle pagine del mio ultimo libro. Non fatevi prendere dal panico e accettate il fatto che non esiste una pizza universale: ognuno sfornerà la “propria”.
E ora? C’è già qualcos’altro che cuoce in forno?
Per adesso solo pizze. Il mio libro è appena uscito, è presto per averne già un altro in cantiere. Ora, per sei o sette mesi, lo porterò in giro per l’Italia. Ovviamente avendo cura di non programmare gli incontri nel week end, per quanto possibile. Quelli li passerò in pizzeria, a destreggiarmi tra margherite, capricciose e quattro stagioni, cercando di accontentare i miei clienti. Guai a inserire un ingrediente nuovo: loro ti tanano subito, proprio come i bambini quando racconti loro una favola cambiando un particolare.