9, Luglio, 2025

Il lavoro non c’è, le bollette, l’affitto… Basta! Andiamo a vivere a Londra

La crescente difficoltà a trovare lavoro in Italia spinge sempre più persone a optare per l’emigrazione. Gettonatissima dai giovani e non di casa nostra l’Australia, mentre chi preferisce non mettere una distanza così grande tra la terra di origine e quella che diventerà forse la meta definitiva del suo domani sceglie l’Europa e spesso punta sull’Inghilterra, Londra in particolare, dove gli Imolians cominciano ad essere davvero tanti. A Londra si sono trasferiti anche Sandra Gherardi, massese, trent’anni appena compiuti, e suo marito Andrea.

«Eccomi qui a far parte della vostra rubrica – scrive Sandra Gherardi -. Sono di Massa Lombarda e ho studiato al liceo linguistico a Lugo, diplomandomi nel 2003. Mi sono poi iscritta al corso di laurea in Relazioni internazionali a Forlì ma, per svariati motivi, ho dovuto accantonare l’idea della laurea, anche se non è detto che un domani io non possa riprendere gli studi. Ho fatto poi diversi lavori, dalla cassiera al multisala di Faenza alla commessa in diversi negozi, alla
baby sitter. La mia ultima esperienza lavorativa è stata come segretaria per una associazione di Medici odontoiatri a Ravenna. Un anno fa, il 30 giugno, mi sono sposata con Andrea. Il matrimonio è stato celebrato da don Giuliano Trevisan, parroco di Sant’Agata Maggiore a Ravenna, la città di mio marito, una scelta dettata soprattutto dal profondo legame di stima e affetto che lega Andrea a questo sacerdote. Passando al motivo della nostra decisione di lasciare l’Italia… Il mio ultimo contratto è scaduto nel dicembre del 2012 e da allora, pur essendomi iscritta al centro per l’impiego e a tutte le agenzie di collocamento di Ravenna non sono più riuscita a trovare lavoro. Sono stata chiamata per qualche colloquio, ma tutti si sono ancorati sulla fatidica frase: «Sei in età fertile e c’è il forte rischio che tu rimanga incinta. Mi dispiace non possiamo assumerti». Una realtà triste e sconsolante. In alcuni casi mi è stata offerta la possibilità di essere assunta previa la firma di un foglio in bianco (che forse sarebbe servito al datore di lavoro per coprirsi le spalle nel caso in cui avesse voluto chiudere il contratto anticipatamente). L’unico a lavorare era quindi mio marito. Purtroppo con il suo solo stipendio, poco meno di mille euro al mese, e un affitto di 500 euro, era diventato impossibile andare avanti. Bollette, spesa, mantenimento della macchina e ovviamente la benzina in costante aumento… eravamo diventati dipendenti economicamente
dalle nostre famiglie. Nonostante l’immensa gratitudine verso i nostri genitori, la situazione era frustrante. A trent’anni si ha la voglia di camminare con i propri piedi e di costruire una propria famiglia, invece vivevamo nella consapevolezza di dover sempre chiedere aiuto per un sostegno economico. Ci abbiamo pensato bene, ragionato per mesi, abbiamo chiesto consiglio ad amici  e conoscenti che già si trovano all’estero e abbiamo preso la nostra decisione. Partire. Un piccolo prestito da parte dei genitori, quattro belle valigie piene di vestiti, ma anche di foto e ricordi di amici, e ci siamo messi in viaggio: 4 aprile
2014 – 4 giugno 2014… sono due mesi che viviamo a Londra e siamo felicissimi. I problemi sono tanti, ma siamo pieni di
entusiasmo e ogni passo in avanti che compiamo è una vera conquista e una grande gioia. L’impatto iniziale è stato positivo, abbiamo trovato subito una stanza in affitto in un appartamento che condividiamo con altri ragazzi (un inglese, un francese e un australiano, ma non è la classica barzelletta…). Abbiamo subito legato e siamo diventati amici. Io ho trovato subito lavoro
come nanny (babysitter a tempo pieno) grazie alla lunga esperienza maturata in Italia: è un lavoro molto ben pagato, grandi responsabilità che però vengono ripagate dai sorrisi dei bambini. Mio marito invece sta incontrando un po’ di difficoltà nella ricerca del lavoro, ma ci dicono tutti che siamo arrivati solo da un paio di mesi e che presto troverà qualcosa. Il lato positivo di una città come Londra è infatti proprio questo: il mercato del lavoro è si molto competitivo, ma offre tantissime possibilità. Occorre solo riuscire ad entrare nel sistema. La differenza con l’Italia sta proprio nella staticità del mondo del lavoro e nella lenta e macchinosa burocrazia che ci ingabbia dalle nostre parti. Con la lingua non ho avuto problemi, sia per gli studi che ho seguito, sia perché ho la fortuna di avere dei cugini in Canada e ho trascorso molte estati con loro, quindi il mio inglese è abbastanza fluido. Cosa mi manca dell’Italia? La famiglia e gli amici (e il ragù della mia nonna Augusta)».

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