Laureato a Bologna in fisica teorica dopo la triennale in fisica, Simone Loreti, 29 anni, nel 2011 è stato assunto a Faenza nel Gruppo Industriale Bucci, dove ha lavorato per circa un anno e mezzo prima di trasferirsi all’estero, in Spagna e poi in Inghilterra. Ed è da Guildford, il capoluogo della contea tradizionale del Surrey che ci scrive, ma la sua foto è stata scattata vicino a Palma di Maiorca, sulla spiaggia El Arenal, prima dell’arrivo dell’estate.
«Eccomi, sono Simone Loreti. Sì, alla Bucci ho imparato qualche elemento di meccanica inteso come ingegneria meccanica e, cosa forse ancor più importante, ho imparato come si lavora in un’azienda “medio grande” (termine con cui mi voglio riferire alla realtà delle aziende italiane, probabilmente differente dalle multinazionali), il che è ben diverso dal modo di pensare e di agire a cui ero stato abituato all’università. E quell’esperienza mi è servita per rendermi conto che… quel tipo di lavoro non poteva fare per me, che non ero soddisfatto per alcuni aspetti, e che dentro di me c’era ancora qualcosa in sospeso con la fisica. Per questo ho accettato di iscrivermi ad un master in fisica dei sistemi complessi della durata di un anno che si svolgeva in Spagna, a Palma di Maiorca. Secondo quanto mi era stato detto, speravo di poter proseguire questo master – per il quale ho vinto la borsa di studio – terminando, dopo ulteriori tre anni, con un dottorato di ricerca.
Anche la Spagna come l’Italia, soffriva già in quel momento la crisi, per cui sapevo che, perché il mio progetto potesse realizzarsi, avrei avuto bisogno anche di tanta fortuna. A metà circa del mio master cominciai ad informarmi circa la possibilità di ulteriori borse spagnole che mi consentissero di continuare la mia esperienza, ma le mie domande restavano senza risposte… Nel frattempo cominciai a cercare anche altrove, perché mi rendevo conto di quale fosse la situazione e capivo che piega stava per prendere in Spagna… A luglio del 2013 dovevano ancora uscire le borse di studio governative che negli anni precedenti erano già pubbliche a febbraio. Dopo un periodo considerevole di ricerche, trovai una posizione che mi poteva interessare. Ciò che cercavo era qualcosa che fosse a metà tra la fisica e l’ingegneria, di cui avevo già avuto esempio in azienda. Capisco che ci si potrebbe chiedere a questo punto perché io non mi sia buttato nella sola fisica o nella sola ingegneria. In realtà, la branca della fisica che piace a me non è fisica delle particelle, non è astrofisica, non è fisica biomedica: mi piace una scienza strana che si chiama sociofisica, talmente strana che viene quasi disconosciuta da molti esponenti della comunità scientifica mondiale, dal che deriva che ci sono veramente pochissimi gruppi che trattano questo tema, cioè la fisica applicata alla sociologia. Ho trovato invece nell’ingegneria qualcosa di alternativo, dove poter applicare la fisica, magari in modo trasversale e interdisciplinare… Insomma, sono sempre stato combattuto se seguire qualcosa di astratto come la sociofisica, o qualcosa di più pratico, ma con maggiori possibilità concrete per il futuro, relazionato all’ingegneria. Alla fine, dopo tante ricerche, ho trovato il bando di una borsa di studio europea, a detta di tanti molto prestigiosa, la Marie Curie Fellowship, borsa di ricerca europea destinata ai ricercatori a prescindere da età, genere o nazionalità. Dopo un’intervista e un esame effettuati tramite skype, sono stato selezionato per un’intervista di tre giorni da sostenere all’University of Surrey: quindici giorni dopo averla affrontata mi fecero sapere che avevo vinto la Marie Curie!
Si tratta di un progetto europeo che viene affidato a 14 ricercatori su un particolare tema legato all’industria farmaceutica. Prevede che si inventi, si rinnovino e si studino nuovi metodi e modelli che saranno il futuro dell’industria farmaceutica (tra i vari partner c’è la Bayer), con metodi e modelli chiamati “in silico”, cioè dove si fanno simulazioni e modelli computazionali e matematici. Questo topic si estende a tanti tipi di aziende, come oil and gas, alimentare, chimica, metallurgica, ingegneria civile, ecc… Così a metà ottobre mi sono trasferito a Guildford, un paese di 60mila abitanti, zona residenziale per molti lavoratori di Londra, a circa 35 minuti di treno da London Waterloo. Ho un contratto di tre anni e mi occupo di programmazione intensiva, simulazioni, modelli e analisi matematica, cioè della parte teorica. Per quanto riguarda le mie esperienze all’estero, ho trovato la Spagna molto simile all’Italia per quello che concerne l’atteggiamento della gente, che è molto accogliente, la buona cucina, il bel clima… Mi trovo da poco in Inghilterra, e qui è un po’ il contrario: insomma, gli stereotipi che uno ha in testa prima di arrivare in un nuovo Paese si avvicinano molto alla realtà. Per questo devo dire che mi dispiace moltissimo non aver potuto proseguire il mio percorso in Spagna, dove mi sono trovato benissimo sotto tutti gli aspetti legati al “vivere”: temperature miti, persone super amichevoli, tanta voglia di divertirsi e di ridere. Purtroppo la mia domanda per la borsa in Spagna è ancora in fase di esame: ecco, gli spagnoli hanno questa particolarità, se la prendono con molta calma! Anche per la borsa del master ho dovuto aspettare quattro mesi per poterne ricevere la prima parte! Certo, mi piacerebbe vincere la borsa spagnola perché il mio primo interesse era la sociofisica, ma ormai non mi sarebbe più possibile recedere così facilmente dal contratto che ho qui. In università c’è un sociologo inglese importantissimo, Nigel Gilbert, che ha fondato un metodo computazionale di simulazioni sociali chiamato “agent based model”. Spero poco più avanti di poterlo contattare e di poter intraprendere con lui qualche tipo di collaborazione, nel tempo libero. Qualche giorno fa mi sono perso nei corridoi dell’università, sono capitato per caso davanti al suo ufficio e ho notato che è molto vicino al mio… spero sia possibile fare qualcosa insieme! In Inghilterra mi pare di essere partito con il piede sbagliato, ho subito avuto problemi per la casa, la gente non mi sembra particolarmente cordiale, è piuttosto distaccata… parere condiviso da una ragazza italiana conosciuta di recente, estroversa e simpatica, lavora qui da un anno e mi ha raccontato di non essere riuscita a stringere amicizia con nessun inglese. Fortunatamente mi trovo bene con il mio gruppo di lavoro, composto da quattro cinesi, uno spagnolo e un altro italiano oltre a me. I colleghi cinesi sono simpatici e molto disponibili. Può darsi che col tempo tutto si appiani e che io possa vedere questo Paese con un occhio diverso. Speriamo bene… Simone».