Un premio a Tokyo per Gabriele Guerrini, “imolian” in California. Gabriele, uno dein nostri “cervelli in fuga, si trova a San Diego ormai dal 2006: lo abbiamo “incontrato” per la prima volta quando era a La Jolla per un anno di studio con il programma di scambio Overseas alla University of California – San Diego, dopo di che è rientrato in Italia, ha conseguito la laurea specialistica in ingegneria civile-strutturale e, nel settembre del 2008, è ripartito per gli Stati Uniti per un dottorato di ricerca in ingegneria strutturale, un ciclo di studi che può durare fino a sei anni. Una vita molto impegnativa e densa di impegni per Gabriele che, in questi anni, oltre a studiare ha fatto ricerca nel campo dell’ingegneria delle costruzioni antisismiche e insegna come assistente all’università. A Tokyo nei giorni scorsi gli è stato assegnato un premio per la miglior presentazione alla 10a Conferenza internazionale sull’ingegneria sismica urbana (10Cuee), organizzata dal Centro per l’Ingegneria sismica urbana del Tokyo Institute of technology il 1° e 2 marzo scorsi. Nell’occasione è stato selezionato assieme ad altri undici giovani ricercatori in base alla qualità e all’interesse della ricerca e all’abilità nel presentarla e nel rispondere alle domande. I vincitori, tra i quali figurava, appunto, Gabriele Guerrini, sono stati proclamati a Tokyo il 2 marzo durante la sessione conclusiva della Conferenza. Cosa riguardava la tua ricerca? «Ho vinto il premio – spiega Gabriele Guerrini – nella sessione “Tecnologie avanzate” per la protezione sismica delle strutture con un articolo e una presentazione intitolati “Seismic response of recentering precast composite concrete-dual-shell-steel columns”. Nello specifico, ho riportato i risultati di una campagna sperimentale svolta presso la University of California – San Diego (dove sto completando il dottorato di ricerca), la University of California – Berkeley e il Pacific earthquake engineering research center, con la supervisione del professor Josè Restrepo. Stiamo sviluppando una nuova tipologia di colonna da ponte che, grazie alla prefabbricazione, riduce i tempi di costruzione in cantiere e il conseguente impatto sul traffico e sulle attività circostanti; inoltre minimizza le conseguenze dell’azione sismica in quanto “auto-ricentrante” e a danno ridotto. In sostanza, al termine della sollecitazione sismica il ponte ritorna nella posizione originale, senza le deformazioni residue che invece si possono osservare in strutture convenzionali e che possono renderle inservibili fino a richiederne la demolizione. Il danno, che normalmente si sviluppa in maniera estesa nelle colonne convenzionali, viene confinato in appositi dispositivi che possono essere più facilmente sostituiti, riducendo così eventuali costi e tempi di riparazione». Un passo importante quando si debba costruire in zone al alto rischio sismico? «Certo. Si tratta di un passo oltre l’attuale filosofia di progettazione in zone ad alto rischio sismico, il cui obiettivo è evitare il collasso pur ammettendo un danneggiamento anche esteso, fino all’eventuale necessità di demolizione dell’opera. Il nostro scopo è ridurre l’impatto sulla società e sull’ambiente (interruzione di attività economiche e sociali, congestione del traffico, cantieri, costi…) fin dalla costruzione e durante tutta la vita utile dell’infrastruttura, garantendone la funzionalità anche in seguito a sollecitazioni eccezionali come quella sismica». I tuoi progetti per l’immediato futuro? Cosa intendi fare una volta terminato il dottorato? «Dovrei conseguire il dottorato a maggio o giugno prossimi e sarebbe mia intenzione rimanere in ambito accademico come ricercatore e docente. Ho mandato il mio
curriculum ad alcune università negli Stati Uniti che offrono posizioni come Assistant professor, ossia il primo di tre gradini nella carriera di docente universitario: il processo di selezione richiede tempo e non ho ancora avuto risposte definitive, anche se un paio di atenei mi hanno contattato e a breve dovrei ricevere notizie. Se non dovessi riuscire ad entrare subito con questa qualifica, proverò nei prossimi mesi ad ottenere una posizione come ricercatore post-dottorato. Anche se mi piacerebbe tornare in Italia, al momento non ne vedo le condizioni e preferisco iniziare a fare esperienza all’estero, non necessariamente negli Usa. In un futuro più distante poi si vedrà, potrei sempre cambiare idea…».
Gabriele premiato a Tokyo per un ponte anti-terremoto
