Eccoci questa settimana con Serena Frasconà ad Umeå, nella contea di Västerbotten, in Svezia, città che sarà capitale europea della cultura nel 2014. Ci scusiamo con Serena per aver dovuto ridurre di tanto il suo testo, molto interessante ma troppo ampio per i nostri spazi….
Serena Frasconà ha 24 anni, annovera dopo il diploma in ragioneria un soggiorno di sei mesi a Londra, dove ha lavorato come barista e cameriera, poi da un corso di studi in Cultura e progettazione della moda all’università di Firenze, con l’intento di proseguire il percorso nel campo dell’oreficeria: «Purtroppo il corso non è stato avviato a causa dei tagli all’istruzione – racconta Serena – e quindi, arrabbiata per aver sprecato un anno e un bel po’ di soldi dei miei genitori, sono tornata a Imola e ho lavorato in estate in un albergo, per poi iscrivermi a Scienze internazionali e diplomatiche a Forlì. Contemporaneamente lavoravo come cameriera in un ristorante e poi in un pub, sempre a Imola, e in estate come cameriera in un bagno a Marina di Ravenna, fino a che, il 20 gennaio scorso, sono partita per l’Erasmus». Studio e lavoro quindi: «Sì, e se all’inizio l’ho fatto per arrotondare un po’ e per non pesare del tutto sui miei genitori, via via il lavoro è diventato una passione, una cosa che mi piace molto, anche se a volte le domeniche di agosto con la sabbia che scotta vorresti essere da tutt’altra parte, e le serate non finiscono mai, mi piace il contatto con la gente, mi piacciono i clienti fissi che entrano e sai già cosa ordineranno, mi piace chi si siede a tavola e non ha fretta, vuol passare una serata piacevole ed è educato, mi piace imparare dagli chef che alla fine diventano amici… Mi piace l’atmosfera del mare, conoscere gente, incontrare qualcuno che ha lavorato con qualcuno che una volta ha lavorato con te, e si diventa una grande famiglia! Mi piace che poi parti per l’Erasmus e il primo venerdì sera alle cinque e mezza tiri fuori dall’armadio una camicia e cerchi il cavatappi sulla mensola. E poi ti rendi conto di dove sei e del fatto che è venerdì e che lì non lavori e sei libera di uscire quando vuoi! Sei contenta, ma… ti manca il grembiule! Insomma ora sono a Umeå, in Svezia, e per la prima volta mi sembra di essere “davvero” in una università: qui aule, biblioteca, laboratori, uffici, segreterie sono al massimo a cinque minuti l’uno dall’altra, il campus è formato da una serie di edifici ognuno dei quali ospita una facoltà, quasi tutti collegati tra loro da “ponti” in vetro sospesi, di modo che in inverno non si deve uscire all’aperto (date le temperature…). All’interno del campus ci sono varie caffetterie, self services, sale microonde per scaldare il pranzo portato da casa e tavoli, sedie e divanetti dappertutto per le pause o per studiare. La biblioteca è organizzata su tre piani, con tantissimi computers, sale che si possono affittare per lavori di gruppo, una con i giornali da tutto il mondo, una sperimentale con sedie comodissime dotate di presa per il pc e tavolino incorporato, un archivio infinito, stampanti e scanners. E poi un cinema, tre pub, una discoteca. Efficienza è la prima parola che mi viene in mente. Tantissimi i servizi offerti agli studenti, il Buddy Program con svariate iniziative per chi viene dall’estero, per far conoscere gli studenti tra loro ma anche usi e tradizioni locali, fino ai viaggi in Lapponia o alle Elk Farm. Le classi sono numericamente ridotte, c’è spazio per esprimere opinioni personali e dialogare con compagni e insegnanti poco formali, in jeans e maglione, S che conoscono il tuo nome, ti chiedono di dar loro del tu e sono sempre molto disponibili.
Molti di loro sono ricercatori e ti trasmettono la passione per ciò che stanno studiando. Si scrive un sacco, si fanno seminari, presentazioni, si esaminano articoli di pubblicazioni specifiche, lezioni multimediali. Interessante, ma tutt’altro che facile. Mi piace, oltre la sperimentazione di nuovi modelli e approcci di lezione, di studio e di uso dei mezzi di comunicazione, il fatto che non ci si senta mai un numero, ma esseri umani le cui opinioni sono tenute in considerazione. All’università vengono
organizzati anche spettacoli di danza o musica, spesso ad ora di pranzo, aperti al pubblico. Gli studenti possono usufruire di miriadi di sconti, il centro sportivo universitario è un posto da sogno, con piscina, campi e lezioni e palestre per gli sport e le discipline più inimmaginabili …. La vita qui è piuttosto cara, in particolare quando si tratta di cibo, per fortuna ogni tanto arrivano scorte da casa! Dal campus al centro di Umeå ci vogliono dieci minuti in bici: qui tutti ne hanno una, la usano con qualsiasi clima e temperatura, le piste ciclabili e i parcheggi per le bici sono dappertutto ed io ho imparato a pedalare anche
sulla neve. Gli svedesi all’inizio sono un po’ chiusi, quasi per tutti gli amici sono quelli che hai “da sempre”, dall’infanzia, ma se riescono ad aprirsi e a considerarti un amico pare che poi sarà per sempre. Innegabile la cura per gli ambienti: l’Ikea poteva nascere solo qui! Passando all’interno la maggior parte del loro tempo, a causa del clima, tutto è pensato in modo che, anche se fuori c’è un clima da lupi, all’interno si stia bene: ambienti luminosi e colorati, pensati per essere allegri e funzionali. All’esterno
il classico barbecue, che qui è un po’ un must. Tutti sono rispettosi: quando si entra in casa di qualcuno ci si toglie le scarpe, spesso innevate (quindi occhio ai buchi nei calzini e a tenere pulito il pavimento della propria camera!). La sera, davanti a quasi tutte le finestre c’è una luce accesa, una sorta di segno di benvenuto: è uno dei ricordi più belli che porterò con me dell’inverno, girare nel tardo pomeriggio per le strade, quando tutto è un po’ ovattato e silenzioso e le tiepide luci si riflettono sulla neve…
un sogno! Mi resterà anche il ricordo dei tramonti nel cielo che qui è di un azzurro che mai ho visto altrove, e poi cambia inaspettatamente colore. Oppure il meraviglioso viaggio in Lapponia, al lago di Abisko, con le renne e un’aurora da togliere il fiato. Non mi sono mai pentita di aver scelto questo Paese, nemmeno quando mi mancano i cappelletti della nonna, la collina del parco, gli amici di sempre. Qui ho trovato umanità, magia, tranquillità, solidarietà. Ah, e poi la” fika”, tipica pausa-caffè con dolcetto annesso, si fa a qualsiasi ora, ovunque si trovano bar con un’infinità di proposte di questo tipo. Lo svedese non è una lingua semplice, ma quando la si conosce un po’ somiglia molto al suo popolo: all’inizio sembra difficile, ma una volta imparato ad usare il tono di voce nella maniera giusta risulta anche allegra e, almeno per noi forestieri, quasi divertente!». Serena ricorda ciò che le manca di Imola, fra cui «la mia mamma con il suo modo di tirarmi giù dal letto perché sono sempre in ritardo, il suo sms al cellulare se rientro tardi, tanto per sapere se è tutto ok (anche qui, mamma, sono sempre in ritardo!), i miei nipoti che mi svegliano urlando alle otto del sabato mattina, le giunchiglie che il nonno mi fa sempre trovare sul tavolo il giorno del mio compleanno, le discussioni con il mio babbo guardando il telegiornale, gli abbracci di mia sorella, il mio migliore amico, romagnolo di adozione, in Erasmus a Madrid …. Tutte cose che so che ritroverò al mio ritorno. Intanto da Serena un saluto a tutti dalla Svezia – [email protected]».