11, Luglio, 2025

Dal catamarano arriva il «may day» L’eroismo di Vaifra in Martinica

Pochi giorni dopo il tragico evento del naufragio della Costa Concordia nei pressi dell’isola del Giglio, anche la nostra imolian Vaifra Melchiorri, hostess sulle barche in Martinica, ha vissuto da vicino l’esperienza di un naufragio, in mari ben più lontani. A lei il racconto.

«Il 18 gennaio mi trovavo su un catamarano Lagoon 440 da noleggio della compagnia Regis Guillemot Charter in Martinica, percorrevamo il canale tra St. Vincent e St. Lucia, vento forte e onde piuttosto importanti. Dieci persone a bordo, otto clienti francesi, io e lo skipper antillese, Jean Daniel, sul flight a lottare contro il maltempo e le secchiate d’acqua che ci colpivano. Ad un tratto sento alla radio il “may day may day”, segnale internazionale di richiesta d’aiuto, ripetuto più volte con affanno. Lancio l’allarme allo skipper, che prontamente si mette in comunicazione con la barca in difficoltà: hanno un’importante via d’acqua a bordo e stanno andando a fondo, ci danno la posizione, a 13°37’51N – 61°54’27W, siamo vicinissimi, via… si parte subito, lanciando il “may day relè” al Crossag Antille, il servizio di soccorso marittimo. Lo skipper sta al timone ed io parlo alla radio facendo da ponte tra i naufraghi ed il Crossag. Nel giro di pochissimo arriviamo sul posto, avvistiamo il catamarano semiaffondato, forse un Privilege vecchio tipo di una quarantina di piedi, solo uno scafo sta galleggiando con sopra tre persone in piedi, altre sei sono sul tender, sganciato dalla barca e alla deriva in quanto il motore non parte più. Sono momenti concitati ma riusciamo a prendere a bordo tutti, e tutti in visibile stato di shock, soprattutto una ragazza che non respira nemmeno tanto è convulsa… Offriamo loro zollette di zucchero, cioccolato, tè caldo e pian piano tutto si calma; all’ora di pranzo dividiamo con loro pane e companatico e li teniamo a bordo finché non arriviamo a Marigot Bay dove li prende in carico l’ambasciata: e qui il nostro compito è finito. E’ stata un’emozione davvero forte, io sul momento ero molto calma e lo skipper è stato eccezionale a coordinare tutto e tutti con un sangue freddo incredibile. Ma dopo… dopo ci pensi e ti metti nei panni di queste persone che se la sono vista davvero brutta, e l’agitazione ti prende, eccome se ti prende! Pensi ai passeggeri e dici ok, hanno passato un brutto momento, ma alla fine non è successo nulla di irrimediabile, poi pensi allo skipper, che era anche proprietario della barca, che era la sua casa, e ha perso tutto. Mi chiedo come facesse ad essere apparentemente così calmo in tutte le ore che ha passato a bordo da noi. Certo, si notava che era pensieroso, ma tutto sommato il suo stato di shock era contenuto. E’ vero che l’importante è che non ci siano stati feriti o peggio, ma poi pensi che lui d’un colpo ha perso casa e lavoro, tutto… Abbiamo potuto recuperare solo il tender e i giubbotti di salvataggio che indossavano, non un granché. Tutti i naufraghi dopo un po’ parevano abbastanza tranquilli, ma penso che probabilmente non si rendessero ancora conto del rischio corso: la barca aveva derivato un bel po’ verso ovest, scostandosi non poco dalla rotta abituale dove passano tutte le altre. Erano tutti francesi. Si erano buttati in acqua così com’erano, in costume e pantaloncini, hanno solo fatto in tempo a prepararsi uno zaino con i documenti della barca, i passaporti, i telefoni e le carte di credito, tutto il resto è rimasto dov’era… Dopo il salvataggio siamo ripartiti subito verso St. Lucia, lasciando il relitto alla deriva, ma poiché poteva rappresentare un serio pericolo alla navigazione, il Crossag ha mandato subito aerei ad ispezionare la zona: non hanno trovato nulla, quindi si presume che la barca sia affondata del tutto. La cosa che mi ha veramente sconvolta è che, quando ci stavamo dirigendo verso di loro e li abbiamo individuati (la randa ancora issata aveva un’inclinazione davvero innaturale, nemmeno un monoscafo avrebbe potuto essere così inclinato), c’erano altre quattro barche molto più vicine a loro di quanto lo fossimo noi e nessuno li ha presi in considerazione! Penso che avessero le radio spente, è l’unica spiegazione. Ciò mi fa pensare a quegli skipper (ce ne sono pochi, ma ne ho incontrati in questi anni) che tengono la radio spenta “per risparmiare corrente”, dicono. Vedere quelle barche filare via a destra e a sinistra senza intervenire mi ha dato da pensare… Voglio credere e sperare che il non intervento degli altri fosse dovuto solo alla mancata ricezione del may day, non certo a menefreghismo.In compenso durante una sosta ho saputo che lo skipper/ proprietario della barca affondata è passato dall’agenzia  del catamarano su cui stavo lavorando per ringraziare del salvataggio, in particolare me per l’assistenza morale e “mangereccia” ai naufraghi. E’ stata un’esperienza toccante, non oso pensare cosa possa essere stata quella della Costa Concordia… Dalla Martinica è tutto, ciao a tutti, Vaifra».

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