12, Luglio, 2025

Gaia è a La Paz

Abbiamo già incontrato Gaia Appignani, antropologa imolese, nel marzo del 2009. Allora si trovava a Panama. Eccola ora a La Paz. «Eccomi di nuovo su queste pagine, a raccontarvi la mia vita da gitana. Eravamo rimasti a Panama, dove seguivo uno stage allambasciata italiana; esperienza che tra laltro si è rivelata decisamente scioccante vista la doppietta dei ladri in casa mia nel giro di una settimana con sottrazione, fra le altre cose, del mio computer, ed inenarrabili successivi contatti con la polizia locale. Nel dicembre del 2009 ho conseguito a Bologna la laurea specialistica in Antropologia con un bel 110 e lode che mi è servito solamente per mia gloria personale visto che in Italia, nonostante innumerabili sforzi, non sono riuscita a trovare un lavoro retribuito in linea con il mio percorso. Ho richiesto con una certa insistenza e poi effettuato uno stage allo sportello immigrati dellAsp di Imola, che si è rivelato piuttosto interessante ma, purtroppo, fine a se stesso. Nel 2010 mi si è presentata la bellissima opportunità di tornare a Città del Messico, dove avevo già studiato nel 2006/2007, questa volta per entrare a far parte di una Ong messicana, Asilegal (Asistencia legal por los derechos humanos). La squadra di Asielgal è composta soprattutto da giovani avvocati ed antropologi che si occupano delle problematiche specifiche di persone appartenenti ai gruppi più vulnerabili della società (popolazione indigena, donne, infanzia, omosessuali, persone in situazione di reclusione, malati di Hiv) al fine di eradicare i diversi problemi di tipo giuridico e socio-culturale che incontrano tali gruppi che, per essere minoritari, si trovano in condizioni di non poter esercitare i propri diritti umani. Più nello specifico, mi sono occupata di realizzare ricerche sulla situazione dei diritti umani delle donne recluse nei centri di riadattamento sociale messicani, tramite incontri, interviste e sopralluoghi. Sempre per conto di Asilegal ho coordinato un progetto di ricerca ed una pubblicazione sul femminicidio: a partire dallo studio di casi specifici si è voluta visibilizzare lesistenza dellodio, della misoginia e del sessismo insieme ad una preoccupante impunità giudiziaria che accompagna questi crimini agghiaccianti contro le donne. La violenza femminicida possiede una dimensione globale e considero il mio Diagnostico come parte di una strategia appunto globale, avente lobiettivo di concretizzare azioni e sforzi congiunti al fine di eradicare e prevenire la morte violenta di cosi tante donne. Contribuire a visualizzare il femminicidio in Messico per me vuol dire costituire un importante apporto verso il riconoscimento dellesistenza di questa triste realtà, verso il disegno di strategie preventive e il rafforzamento dellesercizio de diritti delle donne, così come limplementazione di misure legislative che permettano di sanzionare effettivamente i responsabili di questa orribile mattanza. Vi mando la pubblicazione in spagnolo: sono particolarmente orgogliosa di questa mia creatura. Fra laltro, proprio pochi giorni fa è uscito un articolo sul mio Diagnostico su La Jornada, il principale quotidiano messicano. Concluso il progetto nel dicembre 2010, sono tornata in Italia sperando di poter trovare lavoro un po più vicino a casa, ma ancora una volta, niente da fare. Sono stata però ammessa ad un Master del Cestas (una delle più importanti Ong italiane, con sede a Bologna) in Esperti in progettazione per la Cooperazione internazionale allo sviluppo, il che mi ha permesso di migliorare il mio curriculum con una conoscenza approfondita delle tecniche di progettazione nella cooperazione internazionale allo sviluppo, della gestione e delle fasi di vita di un progetto, degli attori che interagiscono nel panorama internazionale, delle politiche e delle strategie dellUnione Europea, delle procedure e dei criteri di valutazione del progetto, nonché laccesso ai vari programmi ed alle fonti di finanziamento. Insomma, ho deciso ancora una volta di continuare ad investire denaro ed energie su me stessa e sul mio futuro. Sembra una barzelletta, ma il giorno in cui sono andata a Bologna a sostenere la prova finale del master mi è stato offerto di lavorare proprio per il Cestas. Ed ora eccomi qui, a scrivervi dal cuore della Bolivia (resto a La Paz ancora un mesetto e poi dovrò tornare a fare una puntatina in Ecuador e in Perù). Qui sto coordinando un progetto su una Rete andina di salute materno-perinatale, un progetto di cooperazione internazionale sanitaria e di alta formazione in Perù, Bolivia ed Ecuador. Lobiettivo è migliorare gli standard di salute e abbassare quindi la mortalità materno perinatale nellarea andina, migliorare laccesso e la qualità dei servizi sanitari nei centri associati alla rete attraverso un processo di attualizzazione scientifica del personale medico ed un incremento della quantità e della qualità dei rilevamenti dei dati sanitari ed epidemiologici. Insomma, sono felice di potervi raccontare che finalmente sto facendo un lavoro che mi appassiona tanto, nonostante debba fare i conti con la nostalgia per le persone che amo e con la solitudine costante, perché per il momento sono sempre in viaggio da un posto allaltro. Credo molto in quello che faccio e ho faticato tanto per raggiungere questa meta e questo è inevitabilmente il prezzo da pagare. Il mio contratto finisce a gennaio e a quel punto penso di tornare in Italia. Un caro saluto a tutti da Gaia».

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