12, Luglio, 2025

Carlo Marconcini è in Kenya

Homa Bay, sulla sponda meridionale del golfo Winam del lago Vittoria, nell’ovest del Kenya, è il capoluogo dell’omonimo distretto nella provincia Nyanza, vicino al parco nazionale Ruma. Qui si trova Carlo Marconcini, che ci racconta la sua esperienza, piuttosto particolare. Carlo è impegnato in un progetto del Cefa, una onlus che si occupa dello sviluppo sostenibile delle regioni rurali per portarle al raggiungimento dell’autosufficienza alimentare e dare risposta ai bisogni primari delle popolazioni.

«Mi chiamo Carlo Marconcini, ho 25 anni e sono cresciuto a Castel del Rio. Nel 2004 mi sono diplomato allo scientifico a Imola, mi sono laureato alla facoltà di agraria a Bologna, triennale in “Scienze del territorio e dell’ambiente agroforestale” e specialistica in “Gestione e progettazione degli ecosistemi territoriali, forestali e del paesaggio”.
Ho “vissuto” Imola fin da quando ero piccolo: giocavo nella squadra di basket giovanile dell’Andrea Costa, negli anni del liceo ho frequentato i “sabati”(seri, per i nostri occhi alidosiani) nella metropoli imolese. Negli anni dell’università mi sono trasferito a Bologna.
Ma… “una nave non è fatta per rimanere in porto”, e allora il 17 maggio scorso sono salpato per il Kenya. L’impatto con Nairobi non stato è dei migliori: sceso dall’aereo ho trovato ad accogliermi smog, traffico e caos. Mi bruciavano le narici e faticavo a respirare. Per fortuna, giusto il tempo di conoscere gli altri ragazzi italiani che lavorano qui, e sono ripartito con Maurizia e Bledar per Homa Bay, dove lavoro e dove resterò fino a settembre.
A questo punto il viaggio è stato meraviglioso: appena si scende dalla capitale (circa 1700 metri di altitudine) ti si apre davanti la Rift Valley, uno spettacolo mozzafiato: arbusti, laghi, alture, masai che fanno pascolare il bestiame (il Serengeti o Masaai-Maara è a pochi chilometri dalla strada che abbiamo percorso), zebre, gazzelle e babbuini. Arrivati a  Homa Bay, la collina Asego e il lago Vittoria sullo sfondo fanno una grandissima “prima impressione” mentre la campagna circostante e le nuvole “galleggianti” completano il tutto. In giro, motociclette old style, strade costruite dagli inglesi ormai abbandonate, macchine asiatiche e Suv delle varie Ong.
La casa in cui abitiamo è grande, al primo piano c’è un appartamento con ampie finestre (tutte rigorosamente con la zanzariera e le inferriate), mobili nuovi e molto funzionali. Al piano di sotto c’è l’ufficio per noi e lo staff locale. La sicurezza è garantita dal guardiano in giardino (giorno e notte) e da un cancello in ferro battuto.
I primi giorni sono stati per me tutto un fluire di informazioni da immagazzinare che ora fanno parte della mia quotidianità africana: una nuova moneta, il generatore (la luce è molto spesso assente), l’acqua da far bollire e far passare dal filtro, la zanzariera sopra al letto, il mercato, certi comportamenti da tenere per strada e… il lavoro.
Cominciai subito a girare per i campi coltivati, sapendo che il nostro compito sarebbe stato di insegnare ai locali un modo di lavorare più razionale e più redditizio, di aiutarli a rapportarsi meglio con il mercato e con gli stessi agenti, di immettere nel sistema un prodotto di migliore qualità e facilmente commerciabile. Ho dovuto perfezionare il rapporto con lo staff locale: il “nostro” modo di operare e di approcciarsi al lavoro è molto differente e mi ci sono dovuto abituare, per il resto non ho avuto problemi particolari. Il paesaggio qui è impressionante e mi era sconosciuto, come sconosciute, per me, era la gente, erano le loro tradizioni, la loro storia. Poi, vele spiegate  e via, eccomi al lavoro fino a settembre.
Ad Homa Bay sto facendo un’esperienza come consulente agronomo per il Cefa (Ong bolognese): consulenza e monitoraggio della parte agricola di un progetto più ampio, il “Project Value Chain”, monitoraggio e consulenza sulla parte agricola (arachide e patata dolce).
Che dire della popolazione? Essendo stato il Kenia una colonia britannica, la maggior parte dei kenyoti sa parlare inglese. L’etnia locale (i Luo) ha uno stile di vita e dei costumi che riprendono quelli “occidentali”, cercano di emulare gli inglesi o comunque gli europei, senza però avere le basi necessarie.
La differenza  rispetto all’Italia quanto ad approccio al lavoro qui è notevole. Un detto recita che “il tempo, in Africa, appartiene ancora all’uomo, non all’orologio”: proprio così, molta calma e ritardo negli appuntamenti lavorativi sono pratica normale, non segno di menefreghismo.
Quello che noi cerchiamo di portare qui è un modo di coltivare più “razionale” per migliorare la qualità e la quantità della produzione: ma non lo capiscono e, aggiungo io, è normale che sia così. E’ come se uno arrivasse ad Imola e volesse insegnare a far le cose in modo diverso da come le si fa da centinaia di anni. I contadini locali devono capire la differenza tra il loro metodo e quello che cerchiamo di insegnargli… ma non è facile convincerli a provare. Fra l’altro lo staff locale che lavora con noi non è molto interessato alla sorte della propria terra e né agli agricoltori indigeni: non c’è una vera comunità kenyota, ma più di 70 etnie e tribù non molto collegate tra di loro. Vorrei portare qui chi dice che l’Italia non è una Nazione!
Il rapporto con le persone è strano e varia dalla città alla campagna, dai bambini agli adulti. Ogni giorno, girando a piedi per i campi, incontriamo bambini e ragazzetti che ci vengono incontro festanti: tutti vogliono vedere da vicino e salutare il musungu (termine abbastanza dispregiativo per indicare i bianchi) e allora sono sorrisi, urla, strette di mano e pazze corse. Gli adulti invece si dividono in quelli che vedono nei bianchi la persona da spremere, a cui chiedere i soldi per qualsiasi cosa. Chi poi si ricorda ancora degli inglesi e ci insulta nella loro lingua. Ma la maggior parte sono persone che amano scherzare con tutti, sono gentili, cortesi e disponibili.
Cosa mi manca dell’Italia e di Castel del Rio? Tutto.
Potenzialmente il Kenya potrebbe superare molti paesi europei, grazie al paesaggio favoloso per il turismo (lago Vittoria, Serengeti, Rift Valley) e ai terreni più fertili che abbia mai visto. Se solo volessero…
Credo e spero proprio di rientrare in Italia a settembre, rimanendo però a disposizione per ripartire in qualsiasi parte del mondo ci fosse bisogno di un agronomo. Ciao Romagna!
Carlo
[email protected]».

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