12, Luglio, 2025

Vicchi: In Cina ritmi serrati e tanti dipendenti

Gli imolians non mancano nemmeno in Cina. A Beijing, Pechino, capitale della Repubblica popolare, abbiamo trovato Carlo Vicchi, 39 anni, nato e cresciuto a Imola, dove ha iniziato la sua attività lavorativa per poi trasferirsi a Sant’Arcangelo.

«Sono Carlo Vicchi, mi sono diplomato all’Itis di Imola, poi ho iniziato a lavorare alla “Castelli mobili per ufficio”, in fabbrica. In seguito mi sono spostato a Bologna dove, sempre alla Castelli, ho lavorato all’ufficio tecnico commerciale. Per poter crescere professionalmente ho iniziato a viaggiare all’estero. Nel frattempo mi sono trasferito a Sant’Arcangelo e ho lavorato due anni a San Marino e due a Feltre. Da cinque anni sono in Cina, ma mi sposto spesso sia in Asia che negli Stati Uniti. Sono il General manager della Colombini China, una fabbrica di camerette per bambini, circa duecento dipendenti e un centinaio di negozi in similfranchising in Cina. Mi trovo molto bene, professionalmente qui ci sono molte opportunità che mi paiono difficili da trovare in Italia. Naturalmente mi mancano mia moglie e la mia famiglia, il mio cane e la mia casa… ed in media una volta al mese rientro a Santarcangelo di Romagna, facendo però sempre una puntata anche a Imola, dove ho genitori, sorella e nipoti.
Non ho avuto particolari problemi per la lingua: all’inizio mi muovevo sempre negli stessi posti e spesso mi accompagnava un traduttore, ora il mio cinese di base mi permette di muovermi autonomamente. Il cinese è, a mio parere, una lingua molto bella: studiarla è appassionante, purtroppo io non ho molto tempo da dedicare allo studio ma cerco, almeno, di usarla ogni volta che posso, anche se faccio un po’ ridere i “locali” che mi ascoltano. Va considerato che il cinese ha la peculiarità di avere quattro diversi toni, per cui una parola fatta dalle stesse lettere ma pronunciata con accento diverso può avere significati completamente opposti e nel business… c’è da stare molto attenti!
Il modo di vivere qui rispetto all’Italia è completamente diverso: cibo, consuetudini di vita, modi di affrontare le cose… Nell’ambito lavorativo elencherei, nell’ordine, la velocità del business (tutto è molto più veloce, le decisioni, i prodotti, lo sviluppo commerciale), poi la parcellizzazione del lavoro e delle responsabilità, la quantità di persone impiegate (un ristorante medio può avere cento dipendenti, sei dei quali solo all’ingresso per aprire le porte e dare il benvenuto all’ingresso e il “torna presto” all’uscita). Infine, l’attenzione ai marchi: proprio perché abituati alle copie e alla scarsa qualità, sono molto attenti e apprezzano il prodotto di alta gamma.
Questi sono piccoli dettagli, ci si potrebbe allargare a discorsi più ampi: la cultura, la storia, i modi di relazionarsi tra le persone. Il discorso diverrebbe troppo ampio.
Stimo il popolo cinese, stanno cercando di emergere, sono abituati a vivere con una ciotola di riso. Da parte nostra è necessario capire che i loro bisogni sono molto più di base dei nostri e quindi spesso si vendono per pochi rmb (abbreviazione di renminbi, o yuan, la valuta cinese), ma questa è una questione di necessità. La differenza di pochi rmb non significa per loro, come potrebbe esserlo per noi, rinunciare al cinema, ma proprio non mangiare, quindi vanno capiti… e gestiti, in modo da non diventare inconsciamente dei benefattori. Dell’Italia non mi mancano la situazione economica e le poche opportunità che il nostro paese offre oggi di crescita. Mi manca il mare, visto che quando rientro da casa mia vedo il “nostro mare”… che non sarà paradisiaco ma è di certo meglio del mar Giallo.
Ma qui ci sono mille opportunità professionali e maggior internazionalità. Capita tutti i giorni di confrontarsi con gente di nazioni diverse e per forza di cose si deve aprire la mente ed accettare modi di pensare o di comportarsi diversi dai nostri, normali per loro, per cui non li si deve giudicare strani perché diversi da quelli a cui siamo abituati.
Non penso di restare in Cina per sempre, prima o poi vorrei rientrare, anche se non nascondo che mi piacerebbe continuare a viaggiare di tanto in tanto, per continuare a tenere la mente aperta alle altre culture. Saluti a Imola,
Carlo
[email protected])».

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