Un’altra imolian a Parigi: Sara vi si trova da alcuni mesi e sta per concludere il suo soggiorno.
Ecco la sua testimonianza di vita all’estero da quella che definisce “la città più romantica del mondo”.
Bonjour à tout le monde! Mi chiamo Sara, ho 28 anni e vi scrivo dalla città più romantica del mondo: Paris! Mi sono laureata nel luglio 2007 in Medicina e chirurgia all’università di Bologna e attualmente sono iscritta alla scuola di specializzazione in Oncologia e radioterapia all’Università di Firenze.
Sono partita lo scorso autunno per uno stage della durata di sei mesi nel laboratorio dell’Institut de Cancèrologie Gustave Roussy (IGR), noto ospedale oncologico parigino, per un progetto di ricerca che prevede lo studio degli effetti di un farmaco antineoplastico a bersaglio molecolare associato alla radioterapia a livello cerebrale. Detto così può sembrare una cosa molto complicata, in realtà si tratta di fare sperimentazioni pre-cliniche sia in vivo che a livello cellulare per valutare la risposta terapeutica e quindi anche gli effetti collaterali dell’associazione tra radio e chemioterapia.
Appena mi è stata offerta l’opportunità di partecipare a questo progetto ho accettato con entusiasmo, ho fatto le valige e sono partita senza pensarci due volte. All’inizio l’impatto con la realtà francese non è stato dei migliori: non conoscevo per niente la lingua e i miei colleghi non si sforzavano minimamente di parlare in inglese… io ponevo loro domande in inglese e loro, come niente fosse, rispondevano in francese! Col tempo le cose sono migliorate, o meglio… è migliorato il mio francese!
Per fortuna sono arrivati poi altri ricercatori extraeuropei (un pakistano, un brasiliano e una cinese) per cui l’inglese continua ad essere la lingua di comunicazione per tutti noi.
Per quanto riguarda l’integrazione nella città devo dire che non ho avuto grandi problemi, probabilmente il fatto di vivere alla Cité Internationale Universitaire de Paris (CIUP) mi ha facilitata: è una sorta di “città nella città”, un grande campus progettato per fornire alloggio e coltivare legami tra studenti, ricercatori e artisti di alto livello provenienti da oltre 140 paesi. Si tratta di una fondazione privata di interesse pubblico di proprietà delle Università di Parigi, un ente internazionale che promuove un’iniziativa umanistica di condivisione dello stesso luogo, con la rappresentanza dei vari Paesi attraverso le varie abitazioni (una quarantina) che offrono camere e i classici piccoli appartamenti parigini (gli “studio”, camere con piccolo angolo cottura). Non offre quindi solamente un alloggio temporaneo ma anche programmi culturali e servizi di sostegno ai giovani.
Io risiedo alla Maison de l’Italie, dove ho conosciuto da subito altri ragazzi nella mia stessa situazione e posso dire che sono stati loro la mia grande famiglia adottiva in questi mesi: si fa tutto insieme, dalla condivisione della cucina comune alle serate e ai divertimenti, che naturalmente una grande metropoli come Parigi offre in abbondanza. Qui si trova davvero di tutto, dai cinema ai musei, dai parchi ai monumenti, dalle mostre ed esposizioni ai concerti, insomma non c’è mai il tempo per annoiarsi.
Io adoro guardare i camini dei tetti parigini dalla finestrella del mio studio o camminare senza meta con il naso all’in su per le vie del quartiere latino o lungo il canal Saint Martin e, perché no?, fermarmi a gustare una crèpe in uno dei milioni di caffè sparsi per tutta la città.
Ora la mia entusiasmante esperienza sta per volgere al termine, alla fine di marzo dovrò rientrare in Italia… certo, con tanta voglia di riabbracciare la mia famiglia e le mie care amiche imolesi e di mangiare una piadina con lo squacquerone (basta burro e crème fraiche, s’il vous plaît!), ma con il rammarico di dover lasciare una città che mi sta dando tantissimo, ricca di stimoli e opportunità, non solo dal punto di vista lavorativo.
E ancora una volta mi ritrovo a dire quello che di solito mi sentivo ripetere da altri che prima di me hanno vissuto questa esperienza: partire, aprire gli occhi, liberare la mente, mettersi in discussione, creare opportunità, questa è la chiave dell’inclusione e della partecipazione attiva alla vita sociale europea di oggi.
A presto, Imola!
Sara».