12, Luglio, 2025

Emad, dalla terra delle piramidi al Santerno

Da Sharkia, Egitto, a Lampedusa, poi a Palermo e a Milano. E’ stato questo il percorso di Emad Elsayed prima di approdare a Imola. Emad lascia il suo Paese e la sua famiglia (genitori, due sorelle e un fratello) per sua decisione: vuole raggiungere l’Italia nella speranza di migliorare la sua vita. Una scelta non facile da prendere a 16 anni. La famiglia acconsente a lasciarlo partire, anche se con molta preoccupazione: sperano per Emad un futuro diverso da quello che il suo Paese gli offrirebbe. Emad è determinato e nel 2005 affronta il viaggio su una barca di 14 metri sulla quale sono ammassate 290 persone: la “classica” rotta dei migranti nel Mediterraneo. Porta con sé un po’ di vestiti, l’acqua per il viaggio, ma soprattutto i ricordi dei suoi legami e dei suoi affetti, la sua storia di vita. Due giorni e mezzo di viaggio in condizioni criticissime: «Ci hanno dato solo del formaggio da mangiare, era dicembre, faceva freddo e pioveva», racconta, ricordando quel terribile percorso in mare di sei anni fa che lo portava verso luoghi sconosciuti, in cui lo aspettano abitudini e contesti sociali e culturali diversi da quelli a cui era abituato, ma anche la speranza di una vita più consona ai suoi desideri.
«Appena sbarcati ci hanno rifocillato e sono stato portato in un campo per minorenni di Lampedusa; due giorni dopo gli adulti sono stati rimpatriati mentre noi ragazzi siamo stati spostati in un istituto di Palermo dove ci trattavano malissimo, ci picchiavano… Io sono scappato con altri quattro ragazzi nelle campagne ma, quando ci siamo avvicinati alla strada pensando di chiedere un passaggio, ci hanno ritrovati. Per fortuna dopo tre mesi di permanenza, a seguito di nuovi arrivi, ci hanno lasciati andare, accompagnandoci alla stazione. Sono riuscito a farmi mandare dei soldi da un parente che già era in Italia per poter pagare il biglietto del treno e ho raggiunto uno zio a Milano, dove non mi sono sentito a mio agio, per cui ho deciso di raggiungere un altro zio che abita a Sasso Morelli: sono rimasto da lui un mese poi sono stato ospitato all’istituto Santa Caterina a Imola. Ho trovato lavoro come muratore e ho lavorato, sottopagato, per un anno, 11 o 12 ore ogni giorno. In Egitto a 11 anni avevo iniziato a lavorare come aiuto cuoco nei momenti liberi dalla scuola. Qui sentivo l’esigenza di riprendere gli studi, di imparare bene la lingua. Devo ringraziare l’istituto e in particolare il direttore Renzo Bussi e don Massimo Martelli che sono diventati la mia nuova famiglia e mi hanno aiutato in tutti i sensi. Compiuti i 18 anni mi hanno trovato una sistemazione fuori dall’istituto: intanto ho preso il diploma di terza media ed ora frequento il 2° anno di Servizi sociali al Cassiano da Imola. Le mie giornate sono intense perché collaboro all’interno di Santa Caterina, collaboro con il cinema don Fiorentini, dove faccio anche il cassiere alcune sere come volontario, e cerco di guadagnare qualcosa pur andando a scuola, anche se non mi resta molto tempo per studiare… La scuola mi è stata molto utile anche per imparare l’italiano. Mi piacciono in particolare inglese, matematica e diritto. Ora non ho particolari problemi, ma all’inizio è stato difficile. Tutto, non solo la lingua. Ci sono persone che non accettano culture diverse ed integrarmi non è stato semplice. Molti giudicano prima di conoscere. Anch’io sto vivendo immerso in una cultura diversa dalla mia: la rispetto e trovo che sarebbe necessario che la gente imparasse a rispettare e accettare le persone di religioni e culture diverse. A scuola, sarà perché io ho ventidue anni e forse sono anche più adulto della mia età e mi devo confrontare con ragazzi e soprattutto ragazze di 15 anni, mi pesa molto questa situazione. Troppe persone ancora oggi si fanno delle idee senza conoscere nulla della nostra cultura e della nostra religione».
Nostalgia di casa? «Moltissima. Non vedo la mia famiglia da sei anni, per fortuna ora riesco a comunicare spesso con loro via Internet e a vederli tramite Skype, ma i primi tempi non era così. La prima volta che ho potuto rivedere i miei familiari con la webcam quasi non riconoscevo la mia sorellina, l’ho lasciata che aveva nove anni, ora ne ha 15 ed è cambiata moltissimo. Quando parlo con le mie sorelle racconto loro come si vive qui, come si comportano le ragazze italiane. Trovano tutto molto strano… ma io desidero informarle sul mondo che sta al di fuori del loro, così se un giorno potessero raggiungermi saranno già preparate».
Come gestisci i soldi che guadagni? «Per me ne utilizzo pochi in realtà. Da quando sono in Italia ho sempre mandato alla mia famiglia quasi tutto quello che ho guadagnato e che guadagno, il che ha permesso loro di organizzare il matrimonio di una delle mie sorelle. Ora sto aiutando economicamente mio fratello che pure sta per sposarsi. Sono felice di poterli aiutare, l’idea che la mia permanenza qui sia positiva per loro allevia un po’ la mia nostalgia, ma i momenti tristi ovviamente ci sono quando penso a loro. Cerco di essere sempre impegnatissimo per non pensare».
I matrimoni dei fratelli, gli anniversari di famiglia, le sorelle che crescono, i genitori che si invecchiamo, eventi ai quali Emad non può partecipare perché se rientrasse in Egitto dovrebbe fare tre anni di servizio militare.
Com’è ora la situazione in Egitto? Cosa ti raccontano i tuoi? «La situazione sta migliorando, il dopo-Mubarak sarà positivo per il Paese. Lo spero proprio per il mio popolo».

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