Il 145° imolian della nostra rubrica è Elia Orselli, che ci ha scritto nel momento in cui la sua esperienza a Bruxelles stava per concludersi. Elia da qualche giorno è a Imola e continua i suoi studi a Bologna parallelamente alla sua attività al cinema Cappuccini.
«Fino a pochi mesi fa non avrei mai pensato di vedermi pubblicato fra gli imolesi all’estero e, a dire il vero, il mio periodo da ‘imolian’ è ormai concluso. Mi chiamo Elia Orselli, vent’anni, sono studente di Storia contemporanea all’Alma Mater Studiorum a Bologna. Proprio all’interno dei miei studi ho lasciato casa ai primi di settembre per passare un semestre come Erasmus all’Università Libera di Bruxelles. La settimana scorsa ho terminato gli esami e mentre vi scrivo sto preparando le valige per il rientro.
Sono decisamente contento di aver scelto di fare questa esperienza, anche se i problemi non sono mancati: l’università mi ha dato del filo da torcere, fra orari introvabili e professori, purtroppo, non sempre disponibili. Ad ogni modo alla fine ce l’ho fatta, anche se aspetto di avere tutte le carte a posto per cantar vittoria!
A Bruxelles mi sono trovato bene, è una città molto strana, che vive a ritmi molto diversi: la gente comune cena presto e le attività iniziano a orari improponibili per quanti non cenino prima delle otto, visto che una conferenza può facilmente iniziare alle 19,30 quando, allo stesso tempo, il Parlamento e la Commissione proseguono i lavori fino a notte inoltrata. Fortunatamente ho trovato alloggio in una casa con altri sei giovani, di cui due francesi, due fiamminghi e due valloni, con i quali ho stretto una bella amicizia e che mi hanno molto aiutato a imparare il francese, che all’inizio masticavo decisamente a fatica. Purtroppo, e questa è una differenza con l’Italia che ho sentito in maniera molto forte, non è stato semplice conoscere altri giovani, perché i belgi si sono dimostrati essere un popolo molto chiuso. Tuttavia ho conosciuto tanti giovani, italiani e non, con i quali ho fatto amicizia e, posso proprio dire, grazie a loro ho fatto una meravigliosa esperienza della grandezza di essere cittadini europei. Non posso non confermare ciò che tanti dicono, ovvero che siamo noi giovani, noi Erasmus, a fare l’Europa, a tessere relazioni d’amicizia e conoscenza oltre quelle che per anni sono state frontiere superabili con fatica.
Calorosa è stata anche l’accoglienza riservatami dalle comunità cristiane italiane che mi hanno adottato in questi mesi e che mi hanno salutato con dispiacere, chiedendomi sempre di tornare fra loro quanto prima. Grazie a loro non solo ho potuto proseguire quel cammino di crescita che normalmente facevo in parrocchia, ma ho anche avuto la possibilità di confrontarmi da vicino con la difficoltà di essere migranti, aspetto che altrimenti avrei difficilmente potuto incontrare.
Dal punto di vista dello studio il sistema universitario belga è molto differente da quello italiano e, a mio avviso, decisamente di qualità inferiore, almeno per quanto riguarda il mio campo di studi: nella speranza di fornire una preparazione il più ampia possibile gli orari sono stati spezzettati in maniera tale che ci siano tanti corsi, ma purtroppo in questa maniera non si riesce ad approfondire nessun argomento e nemmeno a discutere con il professore i dubbi e le diverse interpretazioni.
Ritorno in Italia comunque molto contento e irrobustito da questa esperienza forte. Per ora non penso in futuro di trasferirmi nuovamente all’estero, perché ho la speranza di poter sfruttare appieno le enormi potenzialità che l’Italia possiede.
Cosa più mi è mancato in questi mesi di distanza da Imola? Sicuramente il servizio al Cinema Cappuccini, che fino al giorno della partenza mi ha sempre molto impegnato! Ma è evidente che possono essere innumerevoli le cose che mancano quando si è lontani da casa: gli amici, la parrocchia, la vita di tutti i giorni, così come, più banalmente, i luoghi cari.
La scelta di cambiare vita e cambiare Paese, stando a ciò che ho visto in questi mesi, è dettata da molte ragioni che mi pare che a Bruxelles siano ben riassunte: c’è chi è qui perché emigrato in cerca di lavoro, per venire a lavorare nelle miniere nella speranza di trovare il pane che scarseggiava in casa, c’è chi è qui per fuggire da situazioni insostenibili, c’è chi è qui per seguire i suoi desideri e coronare i suoi studi. Tante ragioni e tante maniere di portarle avanti: se i primi si sono stabiliti qui definitivamente e possono dire di condurre una vita agiata, finalmente accettati da una società che fino a poche decine di anni fa li teneva in disparte, i secondi e soprattutto i terzi vivono con la costante incognita del ‘quanto durerà?’. Ciò si vede molto bene, ad esempio, parlando con quanti sono assistenti di europarlamentari, stagisti o funzionari delle istituzioni europee: argomento comune di discussione sono i mesi di contratto che permettono loro di rimanere a Bruxelles, e le possibilità nuove di lavoro per cercare di prolungare una permanenza che, per quanto faticosa, è il coronamento di anni e anni di studi.
Elia Orselli».