13, Luglio, 2025

«Gli Usa non sono terra di legami profondi»

Eccoci questa settimana con il resoconto dell’esperienza da imolian del maggiore dei tre figli di Cristina Baldazzi e Andrea Ori. A restare negli Usa al momento è solo babbo Ori, che torna a Castel del Rio tutte le volte che il lavoro glielo consente. Dopo i racconti della loro esperienza e di quelle di Francesca e Giulia, solo Matteo mancava ancora all’appello. Chi più chi meno, i ragazzi Ori hanno trascorso tre anni in Georgia.

Matteo Ori compirà 21 anni tra un paio di mesi. E’ nato a Bologna e a quattro anni si è trasferito con la famiglia in Toscana, per poi approdare a Castel del Rio in terza elementare. Il suo passato scolastico lo ha visto poi alle Orsini, al Ghini e a Castel San Pietro dalle Visitandine. Nel settembre del 2006 parte con la famiglia alla volta di Atlanta: «E’ stato uno stacco difficile per me, lasciavo gli amici e le abitudini di sempre per tuffarmi in un mondo tutto nuovo e tanto diverso. Al contrario delle mie sorelle, che erano più piccole e si sono meglio adattate, per me è stato molto difficile integrarmi, imparare la lingua, adattarmi al mondo scolastico americano. Dopo qualche mese ho stretto amicizia con alcuni ragazzi e ragazze, tutti stranieri come me, provenienti dal Marocco, dal Vietnam, da Haiti, dalle Corea, dalla Columbia e dall’Argentina. Con i ‘locali’ era molto difficile legare. Studiavo in un istituto professionale e l’insegnante di inglese mi ha aiutato molto per la lingua, tanto che ora posso dire di conoscere bene l’inglese. La scuola mi è parsa più facile rispetto alle nostre, dando molta importanza allo sport e… in alcuni casi ho notato che chi era molto bravo nel football alla fine veniva premiato anche a scuola.
Gli americani non hanno idea di cosa sia il senso dell’amicizia, ti ‘usano’ come amico se gli fai comodo, ma non stringono mai veri profondi legami. Faccio fatica a spiegare il perché, ma mi piacciono poco…  forse è una sensazione ’a pelle’. E tutto è molto diverso, soprattutto in una cittadina come quella in cui vivevamo noi, Alpharetta. Ci sono regole ferree per i giovani che alla fine condizionano anche la possibilità di divertirsi: orari molto restrittivi per l’ingresso nei locali fino a 21 anni, una repressione talvolta esagerata con la quale secondo me ottengono spesso il risultato contrario a quello che si prefiggono perché, si sa, spesso si è portati a voler poi provare ‘il fascino del proibito’. E’ giusta la lotta contro il fumo e contro l’alcool, ma lì davvero le situazioni sono esasperate in questo senso.
E non mi si dica che negli Usa non esiste più il razzismo! Tra neri e bianchi non c’è affiatamento, difficilmente si vedono coppie miste, si creano gruppi tra persone della stessa nazionalità e ed è praticamente impossibile entrare a far parte di un gruppo locale se si è di fuori. Durante la mia permanenza ho visitato New York, certo lì è tutto differente, ma la realtà dei centri del sud  – e noi eravamo in Georgia – è molto diversa.
Sono moltissimi i ragazzi che nel pomeriggio, all’uscita dalla scuola, vanno a lavorare nei bar, nei ristoranti, nelle palestre, nei supermercati, lo spazio per il divertimento per loro non è molto, forse anche perché sono poche le occasioni. Escono poco con gli amici, qualche volta al cinema, e culturalmente mi sono parsi ad un livello molto più basso del nostro.
Per tutto questo appena diplomato sono tornato a casa, ho lavorato per un periodo a Castelguelfo, quest’estate ‘da Renzo’ a Imola, ora sto prendendo la patente e sono in cerca di un lavoro più definitivo. Spero che anche la mia buona conoscenza dell’inglese mi aiuti in questo senso. Forse prossimamente andrò per un periodo ad Atlanta da mio padre, vuole farmi conoscere un po’ meglio il suo lavoro (Andrea Ori lavora nel campo del recupero di materie  plastiche, alla ricerca di fonti per rendere poi i prodotti riutilizzabili nel modo economicamente più utile, n.d.r.) e voglio approfittarne per stare un po’ con lui. Anche se ha trascorso lunghe vacanze di Natale con noi e lo sentiamo spesso, è tuttavia sempre molto lontano!».

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