Al Cern, il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle, situato al confine tra Svizzera e Francia, alla periferia ovest della città di Ginevra, dove i ricercatori esplorano i segreti della materia e le forze che regolano l’universo, lavora Diego Quatraro, del quale vi abbiamo raccontato la storia nel mese di ottobre. Ma c’è anche Sara Valentinetti, 28enne imolese, con lui relatrice ad un incontro sugli ‘acceleratori di particelle’ organizzato di recente in Bim dall’associazione ‘Scienzae’.
«Mi chiamo Sara Valentinetti, mi sono diplomata nel 2000 a Imola al liceo scientifico, poi mi sono iscritta alla facoltà di Fisica all’università di Bologna e mi sono laureata nel 2007 con una tesi sperimentale su uno dei sottorivelatori dell’esperimento Altlas al Cern, uno dei quattro maggiori esperimenti di Lhc (il Large Hadron Collider, l’acceleratore di particelle più grande e potente finora realizzato, collaudato al Cern di Ginevra, n.d.r.).
Sono quindi spesso per lavoro in Svizzera, a Ginevra, dove trascorro periodi più e meno lunghi a seconda delle necessità lavorative del momento. In questo momento sono qui per un periodo abbastanza breve, mi tratterrò infatti il tempo necessario per portare a termine un lavoro di upgrade all’elettronica che utilizziamo nel nostro rivelatore per acquisire i dati provenienti dallo scontro delle particelle a Lhc (quando, finalmente, fra poche settimane riaccenderemo l’acceleratore). La maggior parte dello sviluppo e implementazione dell’elettronica e del software che serve per pilotarla possiamo svolgerlo anche nei laboratori a Bologna, poi si tratta di installarlo al Cern e verificare che tutto funzioni come nelle prove di laboratorio. Da gennaio, invece, starò qui ininterrottamente per circa sei mesi per dare un po’ di continuità al progetto al quale mi sto dedicando.
Cercherò ora di rispondere alle vostre domane. Dal punto di vista lavorativo sto molto bene a Ginevra, il tempo sembra sia sfruttato meglio, dal momento che spesso ci sono problemi molto specifici da risolvere e la grande varietà e professionalità delle molte persone presenti permettono la repentina soluzione di situazioni che, se si fosse da soli nel proprio laboratorio, richiederebbero settimane di lavoro. L’ambiente è altamente stimolante e formativo, le persone che lavorano al Cern sono molto disponibili e attente, si prodigano per la crescita personale anche perché si tratta di qualcosa che gli torna utile.
Con la lingua non ho avuto nessun problema, al liceo ho studiato sia inglese che francese e, collaborando costantemente con un gruppo di canadesi, ormai mastico l’inglese piuttosto bene.
All’estero la burocrazia è molto più veloce rispetto all’Italia e anche una banale operazione di associazione al Cern non richiede più di mezz’ora. Non ho trovato grandi differenze invece nel modo di affrontare il lavoro, se non per il fatto che qui lavorano molto spesso davvero fino a tardi e concedono poco spazio alla vita privata. In Italia siamo più attenti agli orari, a volte anche per necessità di famiglia. Mi sono accorta, purtroppo a mio discapito, che la ricerca in prima linea è appannaggio soprattutto degli uomini, in particolare dei single intorno alla 30/40ina, che hanno più tempo di una donna con famiglia da dedicare al lavoro e quindi ottengono risultati più brillanti e in minor tempo. Comunque, lavorare a Ginevra è molto più stimolante che trovarsi nel piccolo gruppo di ricerca separato in cui si lavora per forza di cose quando si è in sedi distaccate.
Mi sono sempre trovata molto bene con le persone che ho conosciuto, in genere dottorandi che avevo già incontrato in precedenza a congressi o scuole e con i quali mi sono poi ritrovata qui.
Non mi è facile invece conoscere persone esterne al mondo della ricerca, un po’ per il poco tempo, un po’ perché notoriamente gli svizzeri… non sono così cordiali con gli stranieri…
Se potessi decidere, in futuro resterei in Italia: sono molto legata alla mia famiglia, ai miei amici, ai miei hobby e alla mia routine di casa e, almeno per ora, non me la sentirei di staccare definitivamente. E poi, appunto, mi sembra che in Italia abbiamo un miglior compromesso fra lavoro e vita privata.
Quando sono via mi mancano tutti i miei affetti e… devo citare anche… il cibo, è verissimo che in Italia abbiamo una cucina migliore che altrove!
La ragione che, a mio parere, spinge tanti italiani a trasferirsi? Questo dipende certamente anche dal riscontro economico, è inutile che ci giriamo intorno. Un buon lavoro di ricerca lo si può fare anche in Italia, bisogna desiderarlo e dimostrarsi volenterosi. Quello che scoraggia è uno stipendio al di fuori dei canoni di mercato e la mancanza di un contratto fisso fino a età adulta, il che, ad esempio, non incoraggia la costruzione di una famiglia.
Sara Valentinetti».