L’esperienza di Lorenzo Marfisi in Moldova si commenta da sola. Lorenzo si divide ora tra il suo lavoro a Milano e trasferte in Svizzera per un master.
Chisinau, est Europa. Inverno 2001. C’è la neve. La luce è molto fioca nell’istituto per bambini di strada gestito dal Ministero degli Interni della Repubblica di Moldova. Il ricordo del poliziotto che ci accompagna alla cella d’isolamento é ancora nitido. Quando si apre la porta in metallo, dentro la stanza buia una ragazzina di circa 13 anni, completamente rasata per evitare il rischio di pidocchi, sdraiata su una brandina: si precipita verso il bagno, sgattaiolando tra un paio di poliziotti sotto gli occhi sbigottiti di due ‘volontari espatriati’ dell’Ai.Bi., l’associazione Amici dei Bambini.
Uno di quei due giovani espatriati ero io, Lorenzo Marfisi di Imola, da poco nel paese più povero d’Europa con una delle poche organizzazioni non governative italiane che si occupa d’infanzia abbandonata, autorizzata all’adozione internazionale. Opera tramite progetti di cooperazione allo sviluppo in una trentina di paesi del mondo. Ero partito con l’entusiasmo che può avere un ragazzo di 28 anni che ha terminato gli studi (Scienze politiche indirizzo Internazionale a Forlì) e con l’idea di restare per un paio di anni, forse meno. Sono rimasto quasi cinque anni in quella che è poi diventata la mia seconda patria…
I primi mesi sono stati duri, dovevo coordinare un progetto finanziato dalla Commissione Europea, la sfida era difficile. Mi sono reso conto solo dopo che l’inesperienza può giocare brutti scherzi. Per tre volte ho temuto che la mia avventura dovesse concludersi in anticipo rispetto all’impegno assunto, ma quando la Provvidenza ti mette a fianco colleghe capaci con le quali confrontarti davanti ad un piatto di spaghetti di mezzanotte, intuisci che puoi contare anche sull’altro, oltre che su te stesso, imparare dai tuoi sbagli e proseguire il percorso. Nel marzo 2004 ho assunto le redini di ‘Ai.Bi. Moldova’ in qualità di Country Coordinator, il principale rappresentante dell’associazione, responsabile del coordinamento di tutti i progetti Ai.Bi. nel paese.
Nella titubanza che questo incarico ha fatto sorgere nel mio cuore è iniziato quello che oggi credo sia stato il periodo d’oro della mia permanenza all’estero. Ai.Bi. Moldova è riuscita ad aumentare il numero di beneficiari, dei finanziamenti, dei rapporti istituzionali in loco. Grazie al supporto di tanti italiani abbiamo sostenuto un ospedale pediatrico con un centinaio di posti letto per bambini con malattie respiratorie acute, un centro di accoglienza residenziale per 25 bambini abbandonati, un centro diurno per minori con disabilità, e un secondo centro di questo tipo è stato avviato in virtù di un altro progetto. Due ludoteche sono state avviate grazie anche al coinvolgimento di un formatore imolese. Diversi i corsi formativi realizzati a favore degli organi tutelari del paese, di assistenti sociali, educatori e psicologi. Due i progetti pilota di de-istituzionalizzazione realizzati a favore di circa 200 minori; un altro progetto ha consentito di promuovere l’adozione nazionale nel paese, riunendo in un’associazione tante famiglie che hanno aperto le loro povere case ai bambini abbandonati. Ho coordinato diversi progetti, un paio co-finanziati dall’Unione Europea, uno dal Ministero degli Affari Esteri, da Unicef e altre entità. Ho avuto l’onere e l’onore di gestire una grande squadra entusiasta del proprio lavoro, composta da una cinquantina di ragazzi e ragazze moldavi, di rapportarmi con diversi partner di quel paese sia del settore pubblico che di quello non profit. Sono stato chiamato a far parte di un gruppo di lavoro composto da rappresentanti di ministeri, dell’amministrazione pubblica locale e dalla società civile, incaricato di elaborare una proposta di legge per il Parlamento della Repubblica di Moldova sulla gestione dell’adozione. La mia capacità di parlare il romeno e la permanenza nel paese sono serviti ad abbassare il divario culturale che all’inizio del mio mandato sembrava tanto grande. Ho conosciuto la Moldova fatta di bloc (anonimi condomini costruiti negli anni sovietici), quella dei poveri villaggi di campagna con le case semplici e colorate e il pozzo per attingere l’acqua. Ho visitato la Transnistria, striscia di terra al confine con l’Ucraina auto-proclamatasi indipendente, attraversare i cui deboli confini ha rappresentato per me un varco nel passato. Sono stato in Romania e in Ucraina, testimone per le belle strade di Kiev di quella che è stata chiamata la rivoluzione arancione.
Da due anni sono rientrato in Italia, mi trovo ora in provincia di Milano, dove l’Ai.Bi. ha il suo ‘quartiere generale’. Il mio impegno a favore dell’infanzia senza famiglia continua: sono responsabile dell’ufficio finanziamenti istituzionali, mi occupo di progettazione e rapporti con i donor istituzionali e sto per riprendere a studiare recandomi per qualche settimana all’anno in Svizzera per frequentare un Master in Studi avanzati sui diritti dell’infanzia. Della Moldova ho tanti ricordi, le risate con il regista Nichetti venuto per fare delle riprese in vista della campagna Mediafriends, l’inaugurazione di una sezione di ospedale pediatrico ristrutturata con i fondi di generosi italiani, il viaggio-studio a Reggio Emilia con una delegazione moldava di operatori sulla disabilità, i brindisi e i discorsi nei momenti ufficiali come nelle feste tra amici. Come scordare la calca di uomini e donne della ‘piata centrala din Chisinau’ (il mercato centrale) o il sapore degli spiedini di carne (i cosiddetti frigarui) che fanno impallidire la carne ai ferri delle nostre trattorie romagnole o quello della ciorba, una minestra che riscalda le ossa nelle sere d’inverno? Non dimenticherò le visite agli internat, istituti per l’infanzia della Moldova, gli odori di vecchio e di chiuso di quei luoghi, i canti e i balli che hanno caratterizzato i momenti di accoglienza durante le feste di quei bambini, le danze delle semplici famiglie adottive moldave, la corsa della ragazzina rasata dell’istituto gestito dalla polizia…
‘La multi ani Moldova’, auguri Moldova!
Lorenzo Marfisi