Lughese, laureato in “Economia e management dei mercati internazionali e delle nuove tecnologie” alla Bocconi di Milano, Gabriele Tamburini tra poco più di un mese discuterà la tesi della specialistica in “Organizzazione e sistemi informativi”. Alle spalle sei mesi in Olanda e quasi un anno a Città del Messico, la città più popolata del Paese e una delle più grandi del mondo, seconda solamente a Tokio: quasi 30 milioni di abitanti residenti su un altopiano a 2400 metri d’altitudine.
«Mi presento: Gabriele Tamburini, 24 anni, diplomato a ragioneria a Lugo, laurea triennale in Economia dei mercati internazionali e delle nuove tecnologie (Clemit) e, in seguito, iscrizione alla specialistica in Organizzazione e sistemi informativi (Osi) alla Bocconi a Milano. Da cinque anni risiedo quindi principalmente a Milano. Ora sto per finire il mio percorso universitario e a breve mi laureerò. Sono tornato di recente dal Messico, dove ho trascorso una anno tra studio e lavoro: la Bocconi offre interessanti opportunità di scambio in vari Paesi del mondo e ne ho approfittato una prima volta tre anni fa, quando sono stato sei mesi a Maastricht, in Olanda, a studiare alla Maastricht University.
A marzo del 2008 sono partito invece per il Messico: da marzo a luglio come studente poi, dopo un rientro a casa per le vacanze estive, sono ritornato là per un altro periodo, sino allo scorso mese di dicembre, per un’esperienza lavorativa che ho dovuto troncare visto la necessità impellente di consegnare la tesi. Questa seconda volta ho lavorato alla Camera di commercio italiana in Messico, svolgendo i più svariati compiti. Ho contribuito ad un progetto in collaborazione con una banca per sviluppare consorzi di esportazione in due stati, ho lavorato su un progetto per aprire un’altra filiale della Camera di commercio in un’altra città (Playa del Carmen, dove risiede un terzo degli italiani che abitano in Messico) e ho aiutato a tenere corsi d’italiano in azienda. Come dicevo, la consegna della mia tesi era prevista per questo periodo e non potevo permettermi il lusso di laurearmi fuori corso, tenuto conto dei costi della Bocconi!
Nelle mie esperienze all’estero non ho avuto nessun problema ad inserirmi, né difficoltà legate a lingua e cultura; il Messico è stupendo, la gente cordiale, anche se la cordialità messicana spesso puzza di ridente apatia e disinteresse reale alla tua persona. L’unico problema vero è stato vivere in una delle città più grandi del mondo, Città del Messico!
Ho partecipato a corsi Mba (master in business administration) ed il metodo di studio è leggermente diverso dall’Italia… si lavora su casi aziendali e il punto è imparare a risolvere problemi, non ampliare il proprio bagaglio di conoscenze (sul modello di Harvard, quello in voga già da alcuni anni). I messicani sono persone cordiali e gentili all’apparenza, in fondo però sono riservati, schivi, non ti parlano di se stessi, non vogliono aprire il loro mondo, quel mondo che Octavio Paz, autore de “II labirinto della solitudine”, riflettendo sulla società messicana, descrive come “un cofanetto segreto” tenuto celato ai più perché l’intimità del messicano è qualcosa da tenere stretto e non da condividere… L’apertura all’altro si traduce in un sorriso, magari in un aiuto, disinteressato, ma dietro il quale si cela una vera chiusura all’altro per quanto riguarda la propria vita. Dal punto di vista lavorativo ho trovato un popolo un po’ pressapochista; spesso i loro metodi non hanno nulla a che fare con il modo di lavorare italiano, dove puntualità e precisione sono caratteristiche irrinunciabili. Sono tornato in Italia licenziandomi dal posto dove mi trovavo anche per alcuni dei motivi sopracitati: è difficile lavorare in un Paese dove la burocrazia è cento volte peggio che da noi, dove la gente sovente non lavora con precisione e dove devi spesso ripetere cento volte a una persona una cosa perché la faccia (e poi magari la fa anche male!). Inoltre non sono riuscito ad instaurare rapporti con la R maiuscola con molte persone. La nostra indole (e parlo dei romagnoli in generale) è ben diversa! Quando sei fuori Italia sei sempre alla ricerca di un briciolo di verità umana, che invece non è facile scovare nelle persone straniere. Noi, per cultura e tradizione, abbiamo doti (doni) innati che ci permettono di guardare all’umano degli altri con una semplicità sconvolgente, senza tante sovrastrutture o paure. Questo non l’ho trovato nelle mie esperienza fuori dall’Italia. Quando qualcuno all’estero si accorge di questo, allora ti si attacca morbosamente. Riconoscere bellezza e umanità nelle persone perché sono semplici è qualcosa per noi “innato”, a volte un po’ sommerso, un po’ coperto, però è nel nostro Dna. All’estero no.
La gente va all’estero, secondo me, in cerca di sogni, di avventure. Alla luce delle mie esperienze ritengo invece che ci sia da costruire qui, ed ora. Mi sto rendendo conto sempre di più come urga un impegno da parte di ognuno: ultimamente (parlo degli ultimi 5 anni, da quando ho iniziato l’università) mi pare ci si lamenti sempre più dell’Italia, mentre a volte basterebbe guardare negli orti dei vicini per vedere che quello che fiorisce e germoglia da noi è raro e stupendo. L’erba del vicino non sempre è la più verde!
Gabriele. [email protected]».