Quinta imolese rintracciata in Olanda… Anzi, per la verità è stata lei a rintracciare noi e la rubrica degli imolians. Di seguito, la testimonianza dall’estero di Miriam Camorani, che dai nonni e dal padre ha ereditato la passione per le materie scientifiche. Senza trascurare l’interesse per le lingue e coltivando un certo spirito ‘esterofilo’.
«Eccomi: Miriam Camorani, 24 anni, seguo alla Technische Universiteit di Delft (Olanda) un progetto di ricerca che mi porterà a scrivere la mia tesi specialistica di Ingegneria civile per la laurea all’Università di Bologna. Diplomata nel 2003 allo scientifico Rambaldi Valeriani, ho sempre avuto la passione per le lingue straniere, anche se alla fine l’amore per la matematica ha avuto il sopravvento (sarà genetica?!) al momento della mia scelta per l’Università. Dopo essere stata per qualche vacanza-studio in Inghilterra nel corso del liceo, il mio sogno era tornare all’estero. Conseguita la laurea triennale sono partita per Valencia, Universidad Politécnica: sei mesi, un’esperienza bellissima e unica. La cultura spagnola non è molto diversa dalla nostra, a Valencia c’è il sole e il mare, fatto sta che sono tornata con la tipica “depressione post Erasmus”. Unico problema, la burocrazia: non è vero ciò che si dice della mobilità studentesca (che viene aiutata e promossa dall’Università…). Se vuoi andare in Erasmus – parlo di ingegneria – devi lottare contro tutti: professori che non vogliono approvare gli esami, segreterie-studenti che non sanno cosa fare, carte da scrivere prima e dopo la permanenza all’estero. Ma ne vale la pena!
Una volta a casa, al momento di scegliere la tesi, si è risvegliato il mio spirito esterofilo: nuove infinite trafile burocratiche, altro programma specifico per fare la tesi all’estero ed eccomi a Delft, ridente e gelata cittadina olandese a 40 minuti da Amsterdam. L’esperienza sta risultando fantastica come quella dell’Erasmus, ma in modo diverso. La prima volta che si sceglie di partire lo si fa per il gusto dell’ignoto, per studiare, ma anche e sopratutto… per divertirsi. La seconda volta è diverso, si è più coscienti di cosa si vuole e di ciò a cui si va incontro.
In questa università si fa ricerca e anch’io, la più giovane e senza un titolo di master, sono ascoltata e presa in considerazione per la risoluzione dei problemi. L’ambiente è bellissimo, lavoro accanto a una quindicina di ragazzi di nazionalità diverse, scambiamo idee, opinioni, si scherza, ma si lavora anche tanto, molte ore ogni giorno. Io mi rapporto con un professore italiano che vive in Olanda da 9 anni. Ognuno parla il “proprio” inglese, mantenendo l’accento del paese di provenienza: per me è difficile capire l’inglese dei cinesi e degli arabi, ma ci si abitua! Gli olandesi sono un po’ freddini, come il loro Paese, ma si possono trovare persone fantastiche e molto disponibili che ti aiutano veramente se ne hai bisogno.
L’Olanda è molto ricca, offre per la ricerca possibilità incredibili, gli olandesi sono di un’efficienza disarmante; a volte forse fin troppo rigidi, multe ai ciclisti da non credere, non ‘chiudono un occhio’ come si fa da noi su certe cose. Nessuno, o quasi, va in autobus senza biglietto. Pur essendo un po’ chiusi, sono abituati a confrontarsi con gente di ogni paese, razza, nazione e tutti parlano inglese, dal bambino al nonno.
Il gruppo di amici che ho qui è abbastanza internazionale, ci sono molti italiani e tante persone provenienti dall’America del sud, dalla Lituania, dalla Turchia e dalla Cina… Per molti di loro si tratta della seconda esperienza all’estero, dopo un Erasmus, un Overseas o qualche altro programma di scambio: forse, una volta che si ‘parte’ non ci si vuole fermare più nel proprio Paese! Cresce la voglia di conoscere e di provare cosa c’è al di fuori del nostro solito mondo. Nel mio gruppo stiamo tutti facendo la ’master thesis’ o lavorando come PhD, la nostra voglia di incontrarci, chiacchierare, fare cene nei corridoi (le case sono troppo strette) è dovuta al fatto che si sente il bisogno di ‘creare’ anche qui una sorta di famiglia. Vivere da soli in un palazzo di 17 piani a volte è un po’ alienante. Ciò che manca di più quando si è lontani è proprio la famiglia, su cui si sa che ci si può sempre appoggiare, per questo qui ho una specie di ‘famiglia allargata’ di una decina di persone.
Rientrerò in Italia in tempo utile per laurearmi a marzo, vorrei invece avere più tempo per fare le cose tranquillamente e riuscire a godermi questo meraviglioso Paese.
Delft sembra la città delle fate e, con i canali ghiacciati su cui ho pattinato, è diventata ancor più magica. La vita ha ritmi diversi dai nostri, i negozi chiudono alle cinque del pomeriggio, il cibo lascia un po’ a desiderare, fatta eccezione per le zuppe e la haring, aringa cruda che servono dentro a un panino.
Oltre ai miei genitori e alla mia sorellina, nonne e parenti, mi mancano gli amici, quelli stretti, quelli a cui vorrei raccontare ogni giorno quello che mi succede, quello che faccio. Vivere via da casa è un po’ come essere in un mondo parallelo, un po’ evanescente: sai che finirà, che non starai qui per sempre, che le condizioni per cui stai vivendo queste esperienze sono uniche e irripetibili. Quando tutto finirà avrai un sacco di ricordi e persone e affetti sparsi per il mondo e andare a trovare gli amici sarà una buona scusa per farti una serie di viaggetti. Non ci si abitua mai a lasciare gli amici: si stringono legami molto forti, quando ci pensi sorridi con gli occhi lucidi, ti senti legato a loro perché per un periodo sono stati tutto per te, hanno reso la tua esperienza speciale e il momento dei saluti, la ‘despedida’, è ogni volta molto difficile.
Le amicizie di Imola, quelle sono per sempre, indelebili, consolidate nel tempo, nate magari a scuola, o agli scout, oppure condividendo le pene e le paturnie dell’Università. La cosa che mi conforta quando sono via è pensare che non ‘lasci’ le persone: se tu non ti dimentichi di loro, allora non c’è un distacco, quando ci si ritrova si è più felici e legati di prima, il tempo reale è passato, ma quello dell’amicizia no.
Di Imola mi mancano le abitudini di ogni giorno, il pranzo della domenica dalla nonna, le chiacchierate con mia sorella nel bagno a tutte le ore, il parco Tozzoni e le Acque, la mia bici che non è così grande che non posso toccare per terra (qui sono gigantesche!). Quando sono lontana ho voglia di tornare a casa, ma quando tornerò, chissà…? Valencia otra vez? Anche il resto del mondo mi attira. Un caro saluto ai lettori e a chi mi vuole bene dal freddo Nord olandese.
Miriam».