10, Luglio, 2025

Degli Esposti, cervello in fuga

Questa settimana la nostra rubrica ci porta a Manchester ad incontrare Mauro Degli Esposti, 52 anni, diploma al liceo classico Rambaldi di Imola nel ’74, laurea in Scienze biologiche all’Università di Bologna nel 1978, ricercatore al Dipartimento di Biologia a Bologna dal 1980 al 1994, una vasta produzione scientifica, numerose pubblicazioni su riviste internazionali. Ora è Lecturer in Molecular Toxicology all’Università di Manchester. Un curriculum che potrebbe far pensare ad una sorta di topo di laboratorio solo dedito a provette e difficili formule. Lo abbiamo incontrato un paio di giorni fa in occasione di una sua vacanza a Imola e… immaginarselo alle prese con “chinoni biologici, citocromi e proteine redox di membrana” (per chi scrive questa è fantascienza, ma sono i termini con cui il nostro imolian ha a che fare quotidianamente) è davvero difficile. Degli Esposti è una persona estroversa, ironica e divertente, riesce ad esserlo anche mentre racconta come la strada della ricerca sia tutt’altro che facile, poiché non è raro trovarla lastricata di soprusi e ingiustizie. Puoi avere tutte le carte in regola, ma quando si ha a che fare con i concorsi… spesso si materializza all’improvviso qualcuno che “viene prima di te”. Problemi in cui si è imbattuto anche Degli Esposti, come traspare dalle sue considerazioni.

Del suo percorso di studi abbiamo già detto. Come sono procedute le cose in seguito?
«Dopo essermi sposato, 20 anni fa, prendemmo una casa di campagna a Dozza e da lì partimmo per Melbourne, in Australia, nel 1994. Perché? La mia storia è stata riassunta nel 1995 nel “Libro bianco” sui concorsi del professor Roberto Bisson, che mi definì “un cane sciolto”. Una sintesi appropriata, credo, di cui rimango fiero – probabilmente riflettendo i miei “geni ribelli” imolesi -. In seguito ho provato a ritornare in Italia un paio di volte, ma non c’erano le premesse valide».
Dopo esperienze in laboratori in varie parti del mondo, ora è a Manchester, dove insegna all’università e fa ricerca.
Quali differenze salienti ha riscontrato dal punto di vista lavorativo o di studio in Inghilterra rispetto all’Italia?
«L’elenco sarebbe troppo lungo! Il merito, la competizione vera ed il rispetto per la qualità scientifica sono le differenze mi vengono in mente al volo. Le ricercatrici italiane sono più brave e motivate delle/degli anglo-sassoni, soprattutto nel rispetto intellettuale e nella voglia di fare. Comunque, avendo lavorato in quattro paesi di tre continenti diversi (escluso quelli dei colleghi nella foto – anche se nei miei laboratori ho avuto giovani ricercatori da tutti i continenti), ho concluso che gli universitari hanno una tipologia di carattere molto simile ovunque. Questo vale in particolare per la mediocrità, riguardo alla quale deve esserci, al di là della pervicace ed estesa diffusione a Bologna, un livello di base comune a tutti gli ambienti accademici occidentali!».
Degli Esposti intercala qualche termine inglese. A proposito, mai avuto problemi per la lingua?
«No, anche se il ’romagnolenglish accent’ è difficile da correggere completamente».
Del resto il romagnolo lo rinfresca con una certa frequenza.
«Vengo 3 o 4 volte all’anno in visita o per lavoro in Italia e passo quasi sempre da Imola. Non resisterò molto a vivere in Inghilterra, credo. Anche se non so quando rientrerò definitivamente in Italia, sono sicuro che lo farò – one day. Verrei anche domani, se ci fosse un forte movimento di cambiamento verso i fatti e la meritocrazia, dal governo all’Università».
Cosa le manca di Imola?
«Gli amici, i profumi (per esempio, i tigli in fiore nei viali di Imola a fine maggio), certe stagioni (soprattutto l’estate e la tarda primavera), il modo di vivere e… i garganelli fatti in casa di mia mamma»
Domanda di prammatica: quale ritiene sia la motivazione principale che spinge tanti italiani e anche tanti imolesi a trasferirsi all’estero?
«Noi romagnoli siamo piuttosto esterofili e nel mio campo (ricerca scientifica ed insegnamento universitario) abbiamo sempre più ragione di esserlo. Sono certo anche che gli stranieri sono innamorati del nostro paese più di quel che noi ci immaginiamo, mentre noi non sappiamo valorizzarlo o apprezzarlo appieno finché non abbiamo occasione di vivere all’estero per qualche anno. Poi… si perde il polso della realtà imolese e italiana, che trovo si stia ineluttabilmente degradando (qualcuno suggerisce il termine “degenerando”, ma io rimango fondamentalmente ottimista)».
[email protected]

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