In Australia sono numerose le comunità italiane: per la nostra ricerca di “imolesi all’estero” abbiamo scritto ad un’associazione di emilianoromagnoli che organizza eventi per diffondere a Sydney la nostra cultura. Ci ha risposto un imolese, Franco Baldisserri, allegando la copia della lettera del 1968 che vedete in questa pagina, sottoscritta da don Carlo Ferri, allora direttore del nostro giornale. Un documento ormai “storico” per il quale ringraziamo Franco Baldisserri, che per tanti anni lo ha conservato. A distanza di quasi 40 anni eccolo di nuovo in qualche modo a contatto con il Diario: risiede a Sydney, città cosmopolita con oltre 4.2 milioni di abitanti.
Franco Baldisserri è nato a Imola nel settembre del 1944. Alla domanda “Qual è stato il tuo percorso studio/lavoro a Imola?” risponde candidamente: «Espulso dall’asilo di santa Teresa e dalla scuola all’aperto sopra a viale Dante». Un ragazzino terribile?
«Ho frequentato il primo anno alle Alberghetti e presto sono entrato alla tipografia Galeati come operaio. Fui il primo ad entrare con il diploma della scuola Grafica del Villaggio del Fanciullo di Bologna. Ho lavorato anche con don Ferri, direttore del Diario, del quale ricordo la grandissima semplicità e bontà. Mai una volta che l’abbia visto nervoso. Come tutti i giornali avevamo i nostri problemi, il “cliché” che non era pronto o la mancanza di caratteri tipografici per comporre certi titoli. Don Ferri era abile e veloce nell’accorciare gli articoli e cambiare una parola del titolo quando era troppo lungo. Alla Galeati mi guadagnai la stima e l’affetto del “proto” che mi dava i lavori più interessanti da eseguire, preparavo “bozzetti” che lui regolarmente accettava. Nacquero presto incomprensioni con i soci della tipografia, legati al passato e a metodi antidiluviani. Poi Marco Bellocchio girò a Imola “La Cina è vicina” e io perdevo le giornate ad osservare Tonino Delli Colli che organizzava le riprese. Gianfranco Longanesi mi propose di fare il fotografo con lui, a Faenza. La Rai venne alla Galeati per girare un documentario… Ormai la mia testa girava in un’altra direzione. Vedevo Imola troppo piccola, troppo provinciale, troppo legata alle vecchie tradizioni».
Così Franco decise di andarsene, non solo dalla Galeati e da Imola, ma addirittura dall’Italia.
La sua “nuova vita” lo portò a Sydney, in Australia, dove ora è titolare della “Franco Baldi Productions”, agenzia fotografica e di produzioni video-cinematografiche, ed è editore di libri in italiano e in inglese. Ha un sito internet, www.francobaldi.com, nel quale si trovano notizie su di lui e sulla sua attività, sui cortometraggi e film, documentari e dvd che produce e che hanno partecipato a numerosi “film festival”. Alcuni titoli lasciano trasparire il suo ricordo per l’Italia e l’interesse che ha maturato verso il mondo e i problemi dell’emigrazione. Nel sito vi sono anche fotografie di Imola come era un po’ di anni fa, segno di un ricordo non cancellato per la sua città, anche se a Sydney, spiega, si trova molto bene e si è ambientato in fretta.
Cos’ha trovato in Australia che non c’era in Italia? «In Italia si avanzava per raccomandazioni, in Australia è il tuo talento che conta: è un Paese all’avanguardia, sempre pronto ad abbracciare le nuove tecnologie. Ognuno si fa i fatti suoi, le amicizie diventano “vere” e chi non ti interessa lo puoi liberamente snobbare».
Pensa di tornare un giorno? «Quando raggiungerò la pensione… forse, se trovassi una casa sulle colline, ma solo per le vacanze. Non ho molti rimpianti, l’Italia non mi manca più di tanto. Qui c’è tutto ciò che di italiano mi serve (incluso piadina e Sangiovese). Imola, almeno a quei tempi, era una cittadina provinciale e un po’ pettegola. Nella sezione del partito comunista di via Selice ti facevano vedere le proiezioni dei film russi solo se andavi alle riunioni, nel campo di calcio di Sant’Agostino il prete ti faceva giocare a pallone solo se eri andato a Messa».
Secondo lei qual è la motivazione che spinge tante persone a trasferirsi all’estero?
«La difficoltà di farsi “apprezzare” in Italia per quello che veramente si è. Non ho esperienze in merito per quanto riguarda altri Paesi stranieri, ma di certo posso dire che l’Australia tratta le persone per ciò che valgono. Dopo pochi mesi dal mio arrivo qui, già lavoravo in tipografia. Sì, hanno dato un’occhiata ai miei diplomi italiani, ma non erano assolutamente determinanti. L’importante per loro era che dimostrassi di saper fare il mio lavoro. Franco