Sangue sul pavimento, un tubo di sostegno per la flebo brandito come arma, vetri delle porte rotti. Sono le immagini che arrivano dal pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria della Scaletta, teatro nella mattinata di domenica 22 settembre di un nuovo episodio di violenza.
A riferire l’accaduto è l’Ausl Imola: «Intorno alle 7 un uomo di circa 30 anni ha perso il controllo mentre si trovava insieme alla compagna, per la quale era stato previsto un Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO). Il rifiuto di quest’ultima a sottoporsi al TSO ha scatenato una reazione di inaudita violenza da parte dell’uomo, che ha colpito con calci e pugni due infermieri e un medico intervenuti per fornire assistenza. Solo grazie all’intervento tempestivo e coordinato del personale sanitario, che ha affrontato la situazione con straordinaria professionalità e coraggio, si è riusciti a evitare conseguenze più gravi, in attesa dell’arrivo delle forze dell’ordine». L’uomo ha provocato ad entrambi gli infermieri lesioni personali guaribili in 5 giorni, al medico lesioni guaribili in un giorno.
I sanitari sono rimasti feriti, riportando ferite e traumi fisici. «Da tempo, l’azienda Usl di Imola ha intrapreso azioni in collaborazione con autorità e Forze dell’Ordine, oltre che attivato iniziative interne di formazione specifica e di sicurezza interna – aggiunge l’Ausl -. Ma il fenomeno sta diventando sempre più preoccupante e di complessa soluzione considerando anche i tanti e recenti fatti di cronaca a livello nazionale. È impensabile che chi lavora per il benessere e la salute altrui debba vivere nella paura di essere aggredito mentre svolge il proprio dovere».
L’uomo, cittadino italiano, è stato arrestato per lesioni e nei suoi confronti sono stati disposti gli arresti domiciliari, da scontare a Roma, a casa della madre.
«Il problema sta diventando culturale, i professionisti sanitari stanno diventando il capro espiatorio della rabbia di una popolazione infelice – denuncia Giuseppe Calia, responsabile Nursing Up Imola (sindacato italiano della categoria infermieristica) -. È necessario che le istituzioni prendano finalmente atto della gravità della situazione e si impegnino concretamente per garantire la sicurezza di chi lavora ogni giorno per salvare vite. Non possiamo più attendere passivamente che si verifichi l’ennesimo episodio di violenza. Chiediamo che vengano prese misure immediate e concrete per proteggere il personale sanitario e ripristinare quel senso di rispetto e fiducia che dovrebbe essere alla base del rapporto tra paziente e professionista. Già due anni fa invitammo questore, sindacato e Ausl a mettere telecamere, un bottone collegato alla portineria per chiamare la polizia e un aumento del controllo polizia/guardie giurate».
«Per tanti anni una colpevole svalutazione del lavoro pubblico ha prodotto l’idea che talune carenze nei servizi pubblici, fossero imputabili al personale dipendente – aggiungono Marcello Borghetti, Segretario Generale Uil Emilia Romagna, Paolo Palmarini, Segretario Generale Uil Fpl Emilia Romagna e Giuseppe Rago, Coordinatore Confederale Uil Emilia Romagna e Uil Fpl -. La verità è che, i dipendenti pubblici, hanno spesso garantito i servizi pubblici con grande sacrificio e mettendoci tutto il proprio impegno, colmando lacune strutturali derivanti da scelte e tagli di risorse e di organico imputabili a scelte politiche. Per la Uil rimane fondamentale la battaglia per la difesa dei servizi pubblici e per la sicurezza nei posti di lavoro sostenuta anche con la campagna della UIL Nazionale sul tema Sicurezza sul Lavoro (Zero Morti sul Lavoro)».
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