La città che verrà… – Editoriale


Come ti vedi tra cinque anni? A questa domanda, confesso, ho sempre evitato di rispondere (e non credo di essere l’unico). Non per mancanza di ambizioni o progetti per il futuro, ma per il rischio di scadere in frasi e parole banali, scontate, già sentite e risentite. 

Messaggio promozionale


Ma se la domanda fosse invece «come immagini la tua città (e quindi la comunità in cui vivi) tra cinque anni», in quel caso azzarderei alcune risposte.

Immagino un centro storico vivo e pulsante, ricco di servizi, di tavolini all’aperto, di attività e locali affollati di giovani e meno giovani a ogni ora del giorno e della sera. E non strade poco illuminate e spesso deserte dopo il tramonto, negozi desolatamente chiusi, bagni pubblici fatiscenti e la nostra piazza grande miseramente vuota, se non in occasione di eventi e iniziative (per quanto lodevoli e da salvaguardare).

Immagino un’Osservanza trasformata, dopo anni di abbandono e degrado, con le nuove sedi dell’Accademia pianistica, del Circondario e dell’infopoint-laboratorio cicloturistico.

Vedo un luogo di sofferenza convertito in un polo di innovazione, cultura e sostenibilità, anche grazie all’attesissimo Campus dell’Università di Bologna e al richiamo che costituirà per studenti e studentesse provenienti da ogni parte d’Italia.

Immagino una sanità a misura di cittadino, una riaffermata autonomia della nostra Ausl e risorse in grado di garantire un numero adeguato di strutture, tecnologie e professionisti, senza le interminabili code e liste d’attesa che obbligano ogni giorno sempre più persone a rivolgersi al privato.

Immagino la nostra rocca restaurata, riportata agli antichi fasti e senza più barriere architettoniche. E code per entrare a musei, teatro e in biblioteca. In fondo, vale sempre l’adagio che «non di solo pane vive l’uomo». 

Immagino una marea di tifosi invadere l’autodromo per la Formula 1 e le fiumane di fan assiepati sulla Rivazza per i grandi concerti. Immagino escursionisti e cicloturisti impegnati a camminare sui nostri sentieri, a pedalare sui circuiti mondiali del 1968 e del 2020 e a scoprire la bellezza unica della Vena del Gesso (non a caso divenuta patrimonio Unesco). Li vedo godersi la nostra storia, le nostre tradizioni, la nostra cucina. Li vedo riposare in strutture ricettive adeguate e appropriate. Li vedo percorrere strade e terre finalmente ricostruite dopo le terribili alluvioni del 2023. 

Immagino un ritorno agli oratori, alle parrocchie, alle associazioni sportive e culturali, a tutte le belle e importanti realtà aggregative ed educative così necessarie per la formazione e la crescita dei nostri giovani, a partire dalla scuola. Come direbbe loro papa Francesco, «fate chiasso, un futuro monocromatico è noioso!». 

A questo punto, allora, domando io a voi: come immaginate la città (e la vostra comunità) tra cinque anni?

Giacomo Casadio


Messaggio promozionale
Giacomo Casadio

Pubblicità



ù