Lavanda dei piedi, gesto di carità verso l’altro

Con la messa in cena domini celebrata dal vescovo Ghirelli è cominciato il triduo pasquale, l'appuntamento più importante dell'anno liturgico.

Ringrazio per la loro partecipazione i parrocchiani di San Cassiano, che solitamente si ritrovano nella chiesa di San Michele all’Osservanza. Ci proponiamo di celebrare insieme nella chiesa madre della Diocesi, accanto alla tomba del nostro patrono, l’intero triduo sacro, che culminerà nella veglia pasquale, con il battesimo di un adulto. Ci sosterremo a vicenda, non soltanto spiritualmente ma anche materialmente; ringrazio fin da ora per il servizio all’altare e per il canto, ma segnalo anche le opere di carità, la colletta per la Terra Santa e il contributo per i restauri del complesso conventuale dell’Osservanza.
“Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?” Le prime parole del salmo responsoriale esprimono il nostro stato d’animo: senso di gratitudine e di insufficienza. Siamo sopraffatti dalla bontà e potenza del Signore, che per purificarci è giunto ad immolare se stesso e per farci vivere con lui è risorto e resta presente in mezzo a noi.
In questa Messa consideriamo soprattutto il gesto che egli volle premettere alla cena pasquale, nella quale avrebbe istituito il memoriale del suo sacrificio e della nuova alleanza tra Dio e gli uomini. Siamo infatti intimamente toccati dal suo gesto di chinarsi a lavare i piedi agli apostoli, ai suoi più intimi, integrato con la raccomandazione a prestarsi i più umili servizi gli uni agli altri. Comprendiamo che ci viene consegnato uno stile distintivo della comunità cristiana, sul quale dovremo esaminarci continuamente, facendo riferimento ai servizi pratici, quotidiani, meno delegabili ad altri. Non posso fare a meno di pensare all’assistenza domestica agli anziani, ormai in gran parte svolta da donne di altri Paesi, che sacrificano così la propria vita familiare. È così che ci laviamo i piedi gli uni gli altri? Dovremo di qui in avanti distinguere più accuratamente tra veri stati di necessità, per i quali è giusto ricorrere ad aiuti esterni, e nostre comodità o vere e proprie mancanze di affetto, di senso della famiglia, di spirito di sacrificio.
Ho semplicemente fatto un esempio, sufficiente però a farci comprendere le implicanze pratiche delle celebrazioni pasquali.
Insieme al sacramento dell’Eucaristia, il Signore ci ha donato in eredità per testamento anche il sacramento dell’Ordine sacro. Non ha inteso semplicemente provvedere la sua Chiesa di funzionari stabili, che si occupino dei riti, dell’educazione e del mantenimento dell’ordine in seno alle comunità: ha pensato a fratelli che trasmettano agli altri con la testimonianza della loro vita lo stile del dono di sé. Personalmente arrossisco nel dichiarare ciò, rendendomi conto che il Giovedì Santo, piuttosto che la festa del sacerdozio, è da considerare il giorno dell’esame di coscienza, che si prolunga nell’umile richiesta di aiuto, di correzione fraterna e di preghiera. Preghiera per la santificazione dei sacerdoti ed anche per le vocazioni sacerdotali e diaconali.
Approfittiamo per prolungarla nelle ultime ore di questa solenne giornata di raccoglimento e di ringraziamento; ne ricaveremo un frutto abbondante e consolante.

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